“Non è vero che noi deputati prendiamo stipendi d’oro: sono 4.718€ netti!“.
Questa improvvida dichiarazione è stata rilasciata da Piero Fassino, esponente delle sinistre fucsia neoliberali, dimentiche di Marx e delle classi lavoratrici, ormai saldamente posizionate dalla stessa parte della barricata della plutocrazia neoliberale sans frontières.
La frase poi risulta particolarmente maldestra e goffa per tante ragioni, specialmente se si considera il malcontento diffuso e crescente presso la popolazione rispetto ai politici italiani e alla loro condizione, che risulta evidentemente privilegiata non tanto se riferita ai cosiddetti “stipendi d’oro”, ma se riferita agli stipendi della gente comune, dei lavoratori, dei precari, di tutti coloro i quali stanno soffrendo suppliziati dalla globalizzazione neoliberale, dal rincaro della vita, da governi di destra come di sinistra che sono attenti più al ritorno dei vitalizi che non alla gestione della vita delle persone più in difficoltà.
Una volta di più le sinistre fucsia neoliberali non fanno nulla per non marcare la propria abissale distanza dalle classi lavoratrici, quelle classi lavoratrici che un tempo erano il riferimento elettorale delle sinistre e che ora vengono concepite di più, combattute come nemici sotto la voce “populismo”. Si tratta del divorzio tra sinistra e popolo, come lo ha puntualmente qualificato Luca Ricolfi.
Ed è altresì l’esito terminale di una parabola metamorfica e kafkiana. Una parabola che ha condotto le sinistre a diventare le principali nemiche delle ragioni del popolo e delle classi lavoratrici e a difendere sempre e solo gli interessi degli abitatori della ZTL, dei viaggiatori, delle business class, dei villeggianti di Cortina d’Ampezzo.
Insomma, una sinistra demofobica che avversa tutto ciò che il popolo richieda e che tutt’al più si impegna a spiegare al popolo stesso la splendente razionalità di ciò che quotidianamente lo fa soffrire. Dall’immigrazione di massa alla globalizzazione.
Una sinistra, dunque, che finisce in ultima istanza per rendere sempre più superflua la destra stessa.
La definisco sinistra “demofobica” proprio per alludere alla sua distanza pari a quella di Marte da Plutone rispetto alle classi popolari e ai loro interessi.
Considerate il fatto che oggi le sinistre avversano sotto ogni profilo il popolo, quel popolo che era il loro punto di riferimento.
Ricorderete senz’altro quella canzone di alcuni decenni addietro che diceva: “Avanti popolo alla riscossa, bandiera rossa trionferà”.
Sembrano passati secoli se si considera che oggi è del tutto assente presso il quadrante sinistro ogni riferimento al popolo che viene soltanto disprezzato secondo la categoria di populismo. Come del resto è stato abolito ogni riferimento al rosso, un colore politicamente scorretto rispetto alle nuove tinte della globalizzazione neoliberale, che prevedono per il quadrante sinistro l’arcobaleno sgargiante dei capricci di consumo individuali, e il fucsia come nuova tonalità cromaticamente corretta della globalizzazione turbo capitalistica.
Davvero la sinistra continua a pensarsi come la soluzione e non si accorge di essere, quanto la destra, il problema che bisogna pensare come principale nel quadro dei reali rapporti di forza della globalizzazione turbo capitalistica.
Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro