Gli inizi
Nasce in un sobborgo a sud di Londra, Crystal Palace per la precisione. Si trasferirà in tenera età nella zona medioborghese di Edmonton dove fino al sedicesimo anno d’età, Benjamin, tenterà con scarsi risultati di proseguire gli studi. L’adolescenza e una passione crescente per le melodie di Erik Satie lo porteranno ben presto ad abbandonare casa per vivere tre anni di dolce vagabondaggio nei dintorni di Camden Town. A 19 anni Benjamin vola a Parigi, dove un giovane artista può pensare di diventarlo per davvero, un artista.
Tra le strade che costeggiano la Seine risuonerà per qualche anno la voce vibrante di un giovane Clementine che si dedica all’arte di strada e, all’occasione, si esibisce nei club e negli hotel parisiennes accompagnato soltanto dal suono di un mezza coda.
Come ogni storia di musica che si rispetti, quella di Benjamin prende una piega inaspettata in due momenti fatali: in un club di Parigi, dove un agente di spettacolo lo nota e lo presenta a quello che diventerà il suo primo manager e in un evento in occasione del Festival di Cannes, dove incontra Lionel Bensemoun e con lui fonda Behind, l’etichetta che gli darà la possibilità di lavorare in studio ai suoi progetti discografici.
La musica
Con Behind Benjamin inciderà il suo primo EP ‘Cornerstone‘ che presenterà in uno show televisivo firmato BBC distinguendosi in modo prorompente e sfacciato da altri artisti internazionali, e farà il suo debutto con il primo album solista “At least for now“, il quale vivrà un attesa di quasi due anni prima della pubblicazione nel 2015 e verrà premiato con un Mercury e un Victoire de la Musique, i grammy francesi. Gli album successivi che lo consacreranno alla critica e alle classifiche internazionali sono “I tell a Fly” (2017) e “And I have been” (2022)
Non esiste la musica di Benjamin Clementine senza i live di Benjamin Clementine. L’atmosfera è intima, struggente, carica di pathos, incalzante. Ogni live set dell’artista francese si colora di un alone nostalgico che ricorda i vecchi Jazz Club in cui si alternavano i grandi nomi della black music al profumo di soul, blues, r&b e fumo di sigarette spente.
Ogni brano si compone di una dimensione reale, schietta, quasi parlata, assume le forme di una narrazione dal vivo. Un pianoforte intenso, degno di qualsiasi ‘favoloso mondo di Amelie‘, accompagna un timbro da tenore che si lancia in acrobazie vocali con una naturalezza che potrebbe disarmare il più rigido degli accademici. Interludi rilassati e distensivi fanno da entrée ad aperture di archi solenni e di vocalizzi che sbalzano in un grande spazio aperto, in cui si ha voglia di urlare con la voce narrante. Momenti di grande suspance e confusione si alternano a riflessioni introspettive e malinconiche, senza mai permettere all’attenzione di chi ascolta di distogliersi per un attimo.
Benjamin Clementine è tutto quello che ci rimane dell’essenza evocativa della black music, con un tocco di cantautorato francese alla Gainsbourg. Benjamin Clementine è tutto quello che ci rimane dei migliori Tom Waits e Nina Simone, l’erede moderno della chanson.
Benjamin Clementine è la voce dirompente dell’ultimo cantautorato e nessuno di noi, prima di averlo ascoltato, immaginava di averne così bisogno.