Divide et impera è un principio che vale anche per l’informazione. Da una parte loro, i fact checker, presi a “sbufalare” notizie al limite del surreale, mettendo di tanto in tanto nel calderone anche qualcosa di vero, quasi a voler amalgamare una notizia importante al resto del pattume.
Dall’altro il “fronte del dissenso”. Importante in particolare in questi tre anni, ma insidiato da un pericolo che rischia di sminuire la causa di chi ricerca la verità. Una gara a spararla più grossa per titillare i follower più intransigenti rischia di essere la nuova tendenza delle menti critiche: “chi strilla di più la vacca è sua”, si dice in zone padane, riassumendo perfettamente un trend che va a sbattere contro il muro come nel caso dei “fact checker”.
Obiettivamente è molto facile creare la “logica del branco”, come bene scrive Nicolao Merker in “Filosofie del populismo”. Cosa c’è di male? Che il primo obiettivo di chi manda il messaggio o emette la notizia non è più quello veritiero, ma semplice interesse a raggiungere più persone possibili.
Forse non aveva tutti i torti Gaber, quando diceva che “la democrazia è nemica della qualità”, per la sua intrinseca tendenza a dover scendere spesso di livello per accontentare tutti. Così al tempo dell’informazione digitale, diventa sempre più difficile scrollare qualcosa che non somigli a propaganda. Lontano dalla ricerca della verità (che in quanto tale, può anche sbagliare).
Ne abbiamo parlato con la storica e vignettista Paola Ceccantoni a ‘Un Giorno Speciale’.
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