Niente auto, carne, vestiti. Ecco le case green, l’elettrico, le ZTL e la carne sintetica.
Quelli europei sono una serie di obiettivi che da tempo hanno bollato come “fondamentali” per un futuro migliore.
Una serie di obiettivi già dichiarati nell’Agenda 2030, firmata ONU.
Una serie di obiettivi giustificati in nome delle più disparate emergenze.
Ma sarà davvero così necessario quel cambiamento nelle abitudini degli europei per “salvare il mondo”?
Tuttavia non è solo l’ambiente a ergersi all’emergenza per antonomasia: quel posto spetta – ancora – alla salute.
E sarebbe anche buono e giusto, almeno idealmente.
Ma le cose sono cambiate dopo l’emergenza pandemica del Covid, che ha destato moltissimi dubbi circa le cure sponsorizzate e i dati derivanti. Oppure verso la gestione pandemica dell’emergenza: protocolli non rispettati, non aggiornati.
O, ancora, verso quei metodi di gestione della cosiddetta “disinformazione“, di cui più di qualcuno si è sempre chiesto: “Ma chi decide qual è disinformazione e quale no?”.
Un labirinto di controversie che dopo la fine ufficiale dichiarata dall’OMS stessa lo scorso maggio, sembrava essersi smorzato.
Tuttavia secondo l’avvocato Renate Holzeisen, candidata presidente della Provincia di Bolzano, non è così.
“Lo sviluppo è veramente distopico, qualcosa contro cui dobbiamo lottare“, avverte Holzeisen, “hanno già iniziato ad implementare ex ante un trasferimento di parte della sovranità degli stati membri all’OMS“.
Cessioni di sovranità per le quali qualcosa si smuoverà nel maggio 2024.
“E’ prevista: la modifica del regolamento sanitario internazionale; un accordo molto importante nell’ambito dell’OMS, e che riguarda dunque anche la Repubblica italiana, a cui l’UE adesso collega degli obblighi ben precisi, tra cui anche quello della censura applicabile subito nel caso di cosiddetta ‘disinformazione’. Il Digital Service Act, che è già entrato in vigore, è soltanto l’antipasto“.
(European Union contribution to the identification of the substantive elements for a convention, agreement or other
international instrument on pandemic prevention, preparedness and response)
Il progetto “15 minutes cities”
I prossimi cambiamenti che, secondo l’avv. Holzeisen, dovrebbero aver riscontro presto, non riguarderebbero però soltanto l’ambiente sanitario. Un’idea di città radicalmente stravolta dall’idea che abbiamo noi oggi è quello che si prospetterebbe in un futuro prossimo.
E’ del progetto 15 minutes cities che l’avvocato vuole sottolineare i rischi.
“E’ molto facile, con il pretesto di un rischio per il clima, vietare la produzione, la commercializzazione di certi prodotti, vietare la libera circolazione dei cittadini. Vediamo la spinta per i cosiddetti ’15 minutes cities’ che vendono come qualcosa di positivo“.
In sostanza l’idea sarebbe quella dove un cittadino potrebbe muoversi in città e fare tutto ciò che deve fare, trovare tutto ciò che deve trovare, in 15 minuti di distanza dal punto di partenza. Chiaramente con la condizione che per muoversi ci si servi di monopattini elettrici o biciclette.
“Questo è anche ovviamente qualcosa che va favorito – specifica l’avvocato – però è ovviamente anche collegato sempre alla questione del danno al clima.
E dunque se ci troviamo poi catturati in un ambito geografico molto limitato con la scusa dell’emissione di CO2, allora chiaramente questi 15 minutes cities diventano poi anche una sorta di prigione“.
Decisioni già prese?
Insomma, l’idea che Holzeisen racconta, vedrebbe concretizzarsi un governo della salute unitario.
Un accentramento di poteri degni del nome “Stati Uniti d’Europa”.
“Vediamo una concentrazione del potere di decidere sulle emergenze sanitarie non soltanto a livello internazionale, ma saranno previste anche a livello regionale. Emergenze che potranno essere autoritariamente decise e dichiarate sia dal direttore generale dell’OMS, e a livello unionale, anche dalla Commissione.
Il Parlamento europeo e il Consiglio a novembre dell’anno scorso di fatto hanno già deciso che si va in questa direzione, con un regolamento nel quale si evidenzia che bisogna avere questo governo della salute unitario. Si enfatizza questa necessità di dare all’OMS questo ruolo fondamentale, decisivo: l’obbligo degli Stati membri dell’Unione Europea di collaborare con l’OMS. Andranno al voto il prossimo anno a maggio, e per quanto riguarda il regolamento sanitario internazionale potranno passare anche soltanto con maggioranza semplice, cioè 50 più 1 per cento soltanto dei presenti.
E per il regolamento sanitario internazionale non ci vorrà neanche la ratifica da parte di ogni singolo Stato membro.
(European Union contribution to the identification of the substantive elements for a convention, agreement or other
international instrument on pandemic prevention, preparedness and response)
(Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea – 23 novembre 2022)
Quello che preoccupa poi è che in queste decisioni già prese, e ci sono anche raccomandazioni del Consiglio di giugno di quest’anno, si continua a parlare appunto della necessità di rinforzare la capacità di produrre cosiddetti vaccini, di combatterne lo scetticismo.
Contemporaneamente stanno modificando in modo sostanziale la legislazione, cioè la legge farmaceutica a livello unionale.
Guarda caso a novembre del 2020 la Commissione diretta da von der Leyen ha presentato una proposta per una fondamentale modifica della legge sui medicinali. E ciò significa che avremo presto la presentazione nel Parlamento Europeo e nel Consiglio di una totale revisione della normativa unionale anche sull’autorizzazione dei farmaci. Dunque anche sui cosiddetti vaccini.
Ciò porterà come conseguenza una semplificazione di quelle norme burocratiche necessarie a salvaguardare la tutela di chi i farmaci li assume. “Loro adesso questo lo vogliono limare, di fatto cancellare, per non correre neanche minimamente il rischio di essere resi responsabili dei danni che già hanno causato in questi ultimi anni“.