La BCE ha aumentato i tassi di interesse ai livelli più alti di sempre, come vi avevo anticipato nei mesi scorsi, nonostante il mercato abbia reagito in modo opposto, con un allentamento invece delle tensioni finanziarie.
I prestiti della Banca Centrale Europea alle banche commerciali saranno in prevalenza attorno al 4,5%, mentre i depositi delle banche saranno remunerati al 4%. Tuttavia, i depositi ordinari della clientela presso le banche in Italia sono in media remunerati allo 0,32%. Quindivi faccio osservare che quando una banca commerciale, cioè una normale banca, una vostra banca deposita presso la BCE, il deposito della banca è remunerato al 4%.
I soldi che voi mettete in quella banca invece sono remunerati in media allo 0,32%. E nonostante l’aumento dei tassi, i rendimenti delle obbligazioni sono scesi e le borse europee hanno registrato un aumento significativo. Questa decisione della Banca Centrale Europea ha portato a condizioni finanziarie più restrittive, cioè diventa più difficile accedere al credito.
È uno scenario in cui le previsioni economiche della Banca Centrale Europea indicano un’area euro in cosiddetta stagflazione, cioè una stagnazione unita all’inflazione dell’economia con prezzi in aumento, quindi lo scenario economico peggiore possibile, ma una crescita economica che conseguentemente va rivista drasticamente al ribasso. I mercati potrebbero avere reagito positivamente perché anticipano dei futuri tagli dei tassi a causa della frenata economica europea e la Banca Centrale Europea ha indicato che i tassi difficilmente aumenteranno ulteriormente. Il focus ora è sulla durata della restrizione monetaria, questo almeno dice il Corriere della Sera.
Non bisogna meravigliarsi perché tutto è coerente con il mandato della Banca Centrale Europea. Quel mandato, bloccandoci nell’area euro, nella difesa solo dell’euro e della moneta e dell’inflazione, ci condanna ormai da decenni ad una serie di parole che, ahimè, tutti siamo diventati bravi a conoscere. Deindustrializzazione, deflazione salariale, disoccupazione, precariato del lavoro, privatizzazioni, inflazione, recessione.