In coda tutta la notte con sedie e coperte per poter acquistare in anteprima l’ultimo modello di IPhone. Sembra una pagina di un romanzo distopico come 1984 di Orwell o come Il Mondo Nuovo di Huxley e invece è la nostra realtà quotidiana, che con tutta evidenza
contribuisce a rendere sia Orwell sia Huxley dei dilettanti perché la realtà di cui siamo abitatori oggi ha ampiamente superato quanto a
livello distopico le narrazioni dei romanzieri che hanno provato a tratteggiare distopie nel Novecento. Quanto abbiamo poc’anzi descritto per
sommi capi è accaduto realmente nei giorni scorsi a Dubai, dove effettivamente si è venuta formando una coda lunghissima con persone
che hanno trascorso l’intera nottata con sedie coperte per potersi accaparrare l’indomani all’apertura dei negozi l’ultimo modello di iPhone.
È quanto viene trasmesso dai principali quotidiani che naturalmente si limitano a dare la notizia senza corredarla del commento critico
che pure sarebbe necessario fare. Con una semplice espressione si potrebbe ragionevolmente dire che è l’ennesima manifestazione del
tramonto dell’Occidente, per dirla con Oswald Spengler. Che se ne dica, infatti, Dubai rappresenta il non plus ultra del paradigma
occidentale capitalistico, e ciò del tutto a prescindere dalla collocazione geografica, naturalmente.
La folla solitaria degli ultimi uomini, nell’accezione di Friedrich Nietzsche, attende con trepidazione l’acquisto dell’ultimo prodotto della
religione del capitale, il nuovo Sancta Sanctorum postmoderno. Anche per questo non possiamo che dare ragione a Walter Benjamin, che
nel Novecento ebbe una intuizione profondissima, quella secondo cui il capitalismo è, a tutti gli effetti, una religione. Una religione che non
ha una dogmatica ma un culto ininterrotto, che ci rende di fatto tutti adepti di una religione della immanenza, che non prevede l’esistenza
della trascendenza e che anzi si fonda sempre più sulla rimozione di ogni trascendenza.
Una religione che ci rende cultori di un’operazione ribadita quotidianamente, quella del consumo. Una religione che promette la salvezza
legandola all’oggetto che appare come merce nella sfera della circolazione e che, lungi dal produrre la salvezza, si esaurisce per poi
riapparire sempre di nuovo nella sfera della circolazione con la medesima promessa di salvezza. È questo, sostanzialmente, il tratto
contraddittorio della civiltà dei consumi.
Religione che promette al consumatore la piena soddisfazione, la piena salvezza, perseguendo in realtà ogni volta l’obiettivo opposto, che il
consumatore non sia mai salvato e non sia mai soddisfatto, a ciò che torni sempre di nuovo ad acquistare la nuova merce, il meglio che la
religione del tecno capitale possa offrirgli.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro