Il giorno dell’IT-alert è arrivato, e non senza controversie. Allo scoccare delle 12 del 27 settembre in tutto il Lazio il trillo ha “avvisato” i possessori di smartphone. Perfino in Parlamento la seduta è stata interrotta per qualche secondo a causa del rumore invasivo dei cellulari. L’obiettivo del test lo si legge proprio sul sito fatto ad hoc: “IT-alert è il nuovo sistema di allarme pubblico per l’informazione diretta alla popolazione, che dirama ai telefoni cellulari presenti in una determinata area geografica messaggi utili in caso di gravi emergenze o catastrofi imminenti o in corso. L’obiettivo è implementare le misure di autoprotezione dei cittadini in questi casi di gravi criticità“.
Tecnicamente non si è trattato proprio di un messaggio, ma di un vero e proprio blocco temporaneo delle funzionalità dei cellulari. Blocco che si interrompe non appena l’utente interagisce con il cellulare.
Tecnicamente era possibile inibire tale operazione accedendo alla casella Impostazioni del proprio smartphone, ma non è andata così per chi lo ha fatto. A molti il trillo è arrivato lo stesso, ad altri è arrivato più volte, mentre qualcuno non ha ricevuto nessuna notifica.
Ma a parte i malfunzionamenti, l’aspetto su cui in pochi si sono focalizzati è la mancata possibilità di annullare una pratica così invasiva: “Se sono in riunione o in ufficio e voglio essere raggiungibile in caso di emergenze, ma non voglio essere disturbato non ho sostanzialmente scelta”, fa notare Fabio Duranti.
“IT Alert vi sta facendo capire che voi in tasca non avete un oggetto di vostra proprietà, che puoi disabilitare a tua scelta. Bisognerebbe fare una class action, prendere avvocati bravi e piantare delle grane a queste persone. Se non voglio essere raggiungibile ma rimanere in contatto con la mia famiglia, potrò avere questo diritto o no?“.
L’intervento a ‘Un Giorno Speciale’.
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