La palla al piede che vi sta trattenendo è manovrata ad arte sia da destra che da sinistra

I libri buoni sono quelli che oltretutto ci stimolano la riflessione critica.
Possono definirsi “libri buoni” quelli che ci invitano a problematizzare la realtà e a mettere in movimento l’attività del pensiero pensante. Ora, alla luce di questa generalissima definizione, possiamo senza tema di smentita dire che il recente libro di Luca Ricolfi, “La rivoluzione del merito”, rientra a pieno titolo nel novero dei libri buoni. E in effetti questo fa il testo di Ricolfi: ci sprona a riflettere criticamente su un tema che oggi è assolutamente dirimente, quello del merito.

La società neoliberale di cui siamo abitatori in effetti sempre evoca la categoria del merito e al tempo stesso è ben lungi dal dirsi in grado di realizzare i meriti degli individui. Abbiamo una situazione paradossale in effetti.
Per un verso le sinistre fucsia si dicono aprioricamente contrarie al merito e fanno valere l’idea di una “cattiva” uguaglianza intesa come indistinzione e omologazione, laddove vera uguaglianza sarebbe quella che riconoscesse pari opportunità a tutti e poi valorizzasse i meriti di ciascuno. Per un altro verso, in maniera sinergica, abbiamo una destra bluette neoliberale che celebra retoricamente i meriti e poi al tempo stesso coltiva la condizione presente che è quella che nega la possibilità ai meriti di emergere.
La società del capitalismo globalizzato in effetti è una società che tutto è fuorché meritocratica.

Pensateci anche solo un istante.
Se vi ponessero di fronte allo spettacolo di una competizione agonistica in cui, supponiamo, nella corsa, ad alcuni atleti fosse concesso di partire con 200 metri di vantaggio sugli altri, o ancora una partita di calcio in cui a una squadra fosse consentito di giocare con 20 giocatori anziché 11, ebbene lo spettacolo sarebbe decisamente noioso e non risulterebbe affatto avvincente, perché non vi sarebbe il giusto riconoscimento dei meriti. Ebbene la società neoliberale proprio questo fa: per un verso celebra astrattamente i meriti, e poi concretamente nega le condizioni stesse acciocché i meriti possano dispiegarsi. E le condizioni acciocché i meriti possano dispiegarsi sono quelle che contemplano pari opportunità o, per rimanere alla metafora agonistica, un eguale punto di partenza per tutti, in modo tale che i meriti di ciascuno possano esprimersi al meglio.

Ecco perché possiamo dire senza tema di smentita che oggi la società contemporanea è totalmente estranea al merito, anche se continuamente lo evoca, vuoi per demonizzarlo, vuoi per celebrarlo, solo astrattamente.
Il libro di Luca Ricolfi insiste molto bene sul tema del merito e sull’importanza di valorizzarlo oggi in una prospettiva che vada al di là appunto di quelle egemoniche. Per questo motivo dobbiamo più che mai ripartire dal merito, inteso però non come oggi spesso avviene ossia come semplice copertura di logiche che tutto sono fuorché legate al merito.

Quante volte ad esempio nei concorsi, pubblici o privati, si usa la vernice del merito per nascondere metodi che tutto sono fuorché incentrati sulla valorizzazione del merito. Metodi rispetto ai quali perfino il principio di cooptazione potrebbe apparire migliore o quantomeno più onesto.

Insomma, la società contemporanea deve riscoprire il tema del merito, di un merito inteso non come semplice volontà dell’individuo di imporsi sugli altri, mors tua vita mea. Al contrario, il merito nell’accezione delle virtù classiche dell’etica greca, ove l’eroe rappresentava al meglio il proprio merito individuale, rappresentando al meglio i valori della collettività, i valori della comunità e lo spirito della collettività. Ecco allora che il giusto merito è quello che fa certamente emergere l’individuo, ma non contrapposto agli altri, ma come migliore espressione della sua società.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro