Dove osa Jannik Sinner.
Un pomeriggio che lo vede scontrarsi contro Medvedev da recordman alla Panatta finisce con la consapevolezza di poter fare ancora di più all’alba di una carriera che si preannuncia rosea.
E guai a dire ancora che fosse egoismo la scelta di non partecipare alla Davies dopo le fatiche in terra statunitense. Autoconservazione, sì, ma saggia e ben ricompensata. Già perché a Pechino il bottino è succulento: prima vittoria sulla bestia nera Daniil Medvedev (7-6, 7-6), best ranking (numero 4), nono titolo nella stagione della prima semifinale Slam e del primo Master 1000.
A Torino sarà il più atteso alle Atp Finals di novembre.
Il tutto dopo un pomeriggio in cui il russo ha dato filo da torcere e non poco. E’ lui che preme sull’acceleratore nel primo set, l’inerzia del match gli permette di impostarlo nel modo a lui più congeniale. Gli scambi, prolungati e dalle angolature acute, si alternano a palle da 150 km/h e passa.
Pian piano però Jannik prende le misure.
Pare che – su tutto – sia la sicurezza dell’altoatesino a destabilizzare Medvedev, che qualche errore lo fa e serve anche un gentile fallo in battuta. Poi il pomeriggio si fa troppo azzurro. Jannik diventa imprendibile, perché le prende tutte e prende il largo: 5-0, 6-2, 7-2.
All’ora di gioco scoccata è già chiaro come finirà. Braccia alzate alla Tardelli, ma senza l’esplosione di gioia incontenibile: Sinner sa che il record di Panatta non è un traguardo, ma solo l’inizio.