Fake news? Un termine usato e quasi abusato. Non al pari di “disappear news”, perché di quelle si deve parlare se citiamo le disinformazione che negli ultimi tre anni esponenzialmente si fa spazio anche sui media principali.
Questo almeno secondo la giornalista Martina Pastorelli, autrice del docufilm “Invisibili”, che proprio delle persone scomparse – colpite da effetti avversi – per lo Stato nonché di notizie scomparse ha parlato in Senato in occasione della Giornata del Ricordo per le vittime da vaccino.
E’ proprio da lì che è partita la manipolazione mediatica, da un concetto che pure Bauman aveva ben chiaro: il flusso di notizie in cui siamo immersi si sussegue così velocemente che il risultato è una grande confusione generale.
Articoli su nuove emergenze o nuovi agenti patogeni vengono erogati a raffica (ricordate il vaiolo delle scimmie?), cosicché non resta neppure il tempo di approfondire e verificare se effettivamente la notizia sia vera.
E’ per il quarto potere che, dunque, passa la nostra realtà. “La storia non la scrivono più i vincitori, ma gli sceneggiatori“, e se la narrazione diventa bellica – come nel caso del virus – assistiamo a una vera e propria militarizzazione della società e dell’informazione. La “puntata riparatrice” richiesta a Marcello Foa dopo aver ospitato il dottor Citro, reo di aver espresso pareri medici discordanti da quelli proposti nel mainstream, è solo l’ultimo degli episodi coercitivi a cui abbiamo assistito.
E il tutto è destinato a sbarcare anche sul web, visto il nuovo impianto di norme proposte dall’Unione Europea che prevedono perfino sanzioni in caso di “disinformazione”.
Ignorando però che spesso le “fake news” sono solo “disappear news”, cioè notizie che nessuno può riportare.
Qui l’analisi di Martina Pastorelli.
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