Oggi torniamo a parlare di un tema che molti anni fa era di dominio pubblico di tutti i giorni, le privatizzazioni. Giancarlo Giorgetti, il ministro dello sviluppo economico, recentemente ha annunciato che il governo intende finanziare la riduzione del debito pubblico attraverso un programma di privatizzazioni che dovrebbe generare, nelle ipotesi del ministro, circa l’1% del PIL in un periodo di tre anni, dal 2024 al 2026. Questo annuncio ci sorprende per l’ingente importo che viene menzionato dal ministro perché l’1% del PIL equivale a circa 19 miliardi, come sappiamo, di euro e trovare un acquirente per un’intera quota di questo genere si è sempre rivelato difficile.
I precedenti tentativi fatti con Unicredit sono falliti. Tuttavia, la situazione finanziaria della banca è migliorata e forse potrebbe essere possibile trovare degli investitori disposti ad acquisire delle piccole quote, mentre lo Stato rimane l’azionista di maggioranza. La vendita di una quota del 10 o 20% della banca genererebbe al massimo 600 milioni, ben lontani però dai 19 miliardi che Giorgetti vorrebbe ottenere entro il 2026.
La privatizzazione di altre aziende statali ipotizzate come per esempio Leonardo, STM Microelectronics, Poste, Enav, MPS, porrebbe dei problemi invece di tipo politico strategico oppure genererebbe delle entrate relativamente scarse. Pertanto non ci è completamente chiaro come il governo intenderebbe raggiungere questi 19 miliardi citati dal ministro. Uno dei motivi dell’inarrestabile declino italiano, lo voglio ricordare, sono state proprio le privatizzazioni delle quali io mi occupai proprio negli anni 90.
Cioè siamo il paese ad avere privatizzato più di tutti in Europa, sia in valori assoluti, circa 120 miliardi, che in percentuale al PIL, più del 10%. Sembrerebbe che a questo punto ritorni di nuovo di moda la politica degli anni 90. Detta in termini semplici ai cittadini vuol dire svendere i gioielli di famiglia, vuol dire distruggere uno Stato, vuol dire distruggere le società dello Stato pur di non cambiare quelle regole che ci hanno messo in povertà.
Quindi invece di andare a contestare le regole europee che hanno messo l’Italia nelle condizioni di dovere fare le privatizzazioni, a distanza di 30 anni, dopo lo sfacelo che abbiamo creato, continuiamo su quella strada pur di non cambiare le regole. E io non sono d’accordo.
Malvezzi quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi