“Tornate all’antico e sarà un progresso“.
Il grande compositore italiano Giuseppe Verdi ci aveva visto lungo con questo paradosso da lui evidenziato a fine Ottocento.
Il progresso è oggi il mito. E’ il divino che avanza. Ma di divino, nel progresso di oggi, c’è proprio poco: lo evidenzia con franchezza il filosofo Diego Fusaro. E’ l’arte oggi a subire quel paradossale cambiamento in cui il progresso si mangia la bellezza dell’antico, con la giustificazione dell’avanzare del tempo. L’analisi di Fusaro è esplicativa di cosa succede ai nostri giorni.
Per il filosofo c’è una definizione importante di “artista”: “L’artista è un divino imitatore perché cerca di calare il sovrasensibile nel sensibile“. Seguendo questa linea, l’opera emoziona di per sé, soprattutto se l’artista è stato capace di trasmettere quel sovrasensibile.
Mentre l’arte di oggi, Fusaro prende l’esempio della banana sul muro di Maurizio Cattelan, non trova quella antica trasposizione del sovrasensibile nel sensibile.
Quando poi non si riesce ad avvicinarsi a quell’idea antica di arte, la copiamo.
Fabio Duranti si scaglia a proposito contro gli imitatori: “Oggi siamo lì con i computer a cercare di fare le copie, andando con laser a copiare una cosa e ristamparla con la stampante 3D. Ma vi rendete conto che Michelangelo ha fatto a mano La Pietà? A
bbiamo perso questa emozione che ci rendeva migliori perché vedevamo le cose belle e di fronte alla bellezza, l’uomo poi diventa più buono. Oggi non abbiamo più questa possibilità e nessuno ha più neanche la possibilità di farlo“.
La spiegazione lo si trova in quello che oggi l’uomo cerca: “Gli uomini – spiega Fusaro – non guardano più al divino, ma guardano solo gli schermi. Dunque in qualche modo abbandonano ogni proiezione di verità e di bellezza e sono condannati a vivere nell’effimero“.