È evidente che gli effetti della stretta monetaria sulla liquidità sono sorprendenti. Vi do alcuni numeri. Le banche hanno ridotto gli impieghi alle imprese del 6% e i finanziamenti alle piccole e medie imprese, benché garantiti dallo Stato, sono crollati del 25% rispetto al 2022 e addirittura del 60% rispetto al 2021. Non è tutto. Il saldo dei conti correnti degli italiani è sceso di ben 100 miliardi in soli 12 mesi. Poi c’è il tema finanza pubblica che sta facendo un lavoro importante nell’assorbire la liquidità del sistema attraverso l’emissione di titoli di Stato. Nel 2023 ci aspettiamo complessivamente emissioni lorde per 437 miliardi.
L’anno successivo addirittura per 480 miliardi. Solo una piccola parte di questi servirà per sostituire le emissioni precedenti. Il resto servirà a finanziare fabbisogno aggiuntivo di cassa. Tutta questa situazione sta creando una serie di criticità nel sistema economico. I Comuni fanno fatica ad approvare i loro bilanci per il 2023 e in alcune regioni italiane si profila un rischio di dissesto finanziario. Inoltre c’è una scadenza imminente per il blocco delle azioni esecutive contro il debito sanitario in Calabria che ammonta circa un miliardo. E inoltre c’è un nuovo regolamento europeo che punta a penalizzare ulteriormente i ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali. Insomma, lo Stato, la parte pubblica, sta facendo veramente un capolavoro di pianificazione economica nel gestire la liquidità del sistema finanziario.
Ci vogliono trasformare in una federazione. I risultati sono che i finanziamenti alle PMI sono crollati del 25% rispetto al 2022 e addirittura del 60% rispetto al 2021. I conti correnti degli italiani sono scesi di ben 100 miliardi in 12 mesi. Questi sono numeri, il resto sono chiacchiere e opinioni. Io mi baso sui numeri e dico che dopo 20 anni e 30 anni di questa litania, forse sarebbe il caso di cambiare strada. La mia è quella dell’economia umanistica.