L’Inter vera e, soprattutto, identitaria, arriva alla spicciolata nel corso della ripresa è qualcosa di più si vede, a proposito del tentativo di prendersi la partita e sistemare per benino il girone. Con De Vrij, Barella e Lautaro si rivedono le “vertebre” della tradizionale ossatura nerazzurra, con il risultato che il Salisburgo si rintana sempre di più nei suoi primi trenta metri.
Cos’era successo, prima? Potremmo parlare di una lunga fase di stallo, a tratti complicata per gli uomini di Inzaghi dai sussulti d’agonismo dei padroni di casa, sospinti da un pubblico canterino e con davanti un’Inter che ogni tanto sente ingolfata la carburazione della sua circolazione di palla.
Grida vendetta, anche per il tentativo di scalata alla gerarchia di centrocampo, l’occasione nitida fallita da Frattesi sul finire del primo tempo, al termine di un’azione condotta da Thuram e rifinita da Sanchez che aveva fatto attivare all’ex Sassuolo una palla con tanto di anticipato fiocco natalizio.
Se non è arrembaggio, nel finale, poco ci manca e le smanacciate di Schlager arrivano più di una volta a schiaffeggiare via dallo specchio un vantaggio che gli interisti meritano un giro di lancetta alla volta.
Alla fine, l’Inter passa con un rigore chirurgico di Lautaro, concesso in seguito al plateale fallo di mano del vichingo Bidstrup, che quasi si fa venire i lucciconi agli occhi per il rammarico.
Vittoria meritata per un’Inter che la vita se la era complicata un pochino da sé, contro un avversario inferiore ma la cui tempra agonistica avrebbe potuto creare anche più problemi dalle parti di Sommer, se gli austriaci non avessero palesato problemi di dialogo in attacco.
Ora il Gruppo D è sistemato, resta da contendere il primo posto alla Real Sociedad: la cosa è più che fattibile.