Regista poliedrico e spirito libero, Oliver Stone è diventato negli anni un simbolo del libero pensiero. L’autore, tra gli altri film, della pellicola “JFK” (1991) che racconta – tra le altre cose – una realtà ora nota a tutti ma ancora tabù, sta contribuendo anche negli ultimi anni a farci capire le crepe dell’impero USA.
Un impero nel quale perfino il presidente è soggetto a poteri più invasivi. Nel film di Stone, per esempio, si mise in discussione la tesi dell’unico assassino di JFK: troppe cose non tornano, molte delle quali si era preso l’impegno Donald Trump di rendere alla luce. Cosa che, alla fine, non viene fatta.
“Ovviamente gli ho chiesto anche questo“, riferisce la giornalista Martina Pastorelli, che lo ha intervistato. Il resoconto è che dopo aver annunciato in pompa magna la pubblicazione di quei file, Trump fa improvvisamente marcia indietro “per aver subìto pressioni“.
Oggi Biden continua a pubblicare documenti minori, mantenendo le altre carte secretate.
Ma Stone non si è occupato solo di JFK: “Ukraine on Fire è un film uscito nel 2016, ben prima dello scoppio della guerra tra Ucraina e Russia. Lui lì mostra come è stato costruito il nemico, come si sono mistificati i fatti prima che l’Ucraina diventasse un campo di battaglia funzionale agli interessi americani“.
E Stone è fuori dal coro anche sull’ultimo triennio: “Sono vaccinato tre volte“, dice a Pastorelli, “chiunque valuti la questione dei vaccini è del covid deve ammettere che è confusa. I rimedi casalinghi non funzionali al governo sono stati rinnegati, ma con me l’ivermectina ad esempio ha funzionato. E’ questo il problema è diventato illegale dubitare“.
Ascoltate le sue parole ai microfoni di Martina Pastorelli.
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