Nell’assordante silenzio generale dei media mainstream e della politica istituzionale è accaduto proprio in questi giorni un fatto gravissimo che non deve passare sotto silenzio e che anzi deve essere oggetto di una pacata riflessione critica e filosofica.
Che cos’è accaduto in concreto? E’ stato dato l’assalto alla sede dell’associazione Pro Vita.
In particolare, la sede di Pro Vita è stata vigliaccamente e subdolamente imbrattata con scritte oscene e offensive, peraltro perfettamente in linea con il paradigma che ben conosciamo, il paradigma dell’inclusività a senso unico propugnato dagli alfieri del neoliberismo progressista in tinta fucsia-arcobaleno.
Curioso davvero, peraltro, questo concetto di inclusività che include tutto ciò che sia coerente con i moduli della società di mercato e tende invece, anche con violenza, a escludere ogni corpo estraneo e non assimilabile. Curiosa del resto la stessa lotta contro le discriminazioni condotta dagli araldi del global capitalismo, i quali, senza forse avvedersene, operano producendo sempre nuove discriminazioni a nocumento di chi non sia allineato con il pensiero unico politicamente ed eroticamente corretto.
D’altro canto è un paradosso ben noto: coloro i quali passano le loro giornate a battersi per l’inclusività e contro le discriminazioni sono molto spesso gli stessi che trascorrono ugualmente le loro giornate eliminando e escludendo tutti coloro i quali per una ragione o per un’altra non rientrino appieno nel loro paradigma.
Come se non bastasse, tra l’altro, nella sede dell’associazione Pro Vita è stato posto un ordigno esplosivo.
Stupisce, come già ricordavo, il silenzio generale, davvero assordante, dei media e della politica, i quali sono sempre così attenti a condurre battaglie contro tutte le discriminazioni, o meglio, come già ricordato, contro tutte le discriminazioni che non siano funzionali all’ordine della globalizzazione neoliberale e del neoliberismo progressista. Perché in effetti, va detto, la rabbia e l’odio contro l’associazione Pro Vita rispecchiano perfettamente l’odio che il turbo-capitalismo apolide, sradicato e sradicante, nutre per la vita e per la famiglia.
Per la vita, dacché il capitalismo oggi produce una cultura della morte, una cultura dell’eccesso mortifero. Ma poi l’odio verso la famiglia è esso stesso emblematico, dacché la famiglia, ce l’ha insegnato Aristotele nella politica, è cellula originaria di ogni comunità ed è altresì la base indissolubile della resistenza alla mercificazione planetaria.
Possiamo dirlo senza tema di smentita e senza ambagi. Il turbocapitalismo odia oggi la famiglia e si sta adoperando in ogni guisa per disgregarla, producendo l’individualizzazione di massa funzionale ai processi del consumo e dell’alienazione connessa al consumo. La famiglia resta, a tutti gli effetti, un baluardo di resistenza contro la mercificazione integrale del mondo della vita e rappresenta uno spazio solidale non mercificabile, uno spazio che può costituire la base ideale di una vita politica altrimenti strutturata. Quindi, senza tema di smentita, possiamo dire che l’odio che l’ondata fucsia che si batte contro il patriarcato, in realtà contro la famiglia, di questi giorni è un odio che esprime quintessenzialmente l’odio stesso che il turbocapitalismo non smette di ostentare e di praticare contro la famiglia.
Il turbocapitalismo non vuole vedere padri, madri e figli, cittadine e cittadini. Vuole vedere sempre e ovunque solo consumatori sradicati, incapaci di intendere e di parlare ogni altra lingua che non sia l’inglese dei mercati e la lingua unica del consumo sradicato.
RadioAttività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro