E’ quello che da anni si prova a dire della politica. Quello che si tenta di far capire sulla guerra. Quello che, a fatica, si tenta di far capire dopo una tragedia come quella di Giulia Cecchettin.
La falsità e la faziosità, cioè, delle narrazioni che tendenziosamente hanno bisogno dell’eroe e del cattivo. “Il mondo non si divide tra buoni e mangiamorte, Harry, tutti noi abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi“. Lo leggiamo in un famoso film ispirato ai romanzi di J.K. Rowling. Quell’oscurità che, quando c’è bisogno di un eroe senza macchia, viene spesso nascosta sotto il tappeto.
Il tappeto dei debunker in questo caso ha provato a fare lo stesso con i tweet di Gino Cecchettin. Frasi lecite, discutibili ma scandalose se il forte papà di Giulia deve essere messo sopra un piedistallo come esempio di un’Italia migliore.
Perché se è sbagliato il momento per fare la morale alla famiglia Cecchettin, lo è altrettanto mettere i familiari di Giulia sotto una luce che obbligatoriamente deve restituire all’opinione pubblica cavalieri senza macchia e senza paura.
Forse è questo che ha spinto Fabio Fazio a non fare neppure una domanda su quei tweet così intrisi di machismo. Anche se, in una delle tante risposte date a Che Tempo Che Fa, Gino Cecchettin ha colto il punto che poteva essere di riflessione per tutti: “Dopo quello che è successo ho avuto modo di riflettere anche sui miei errori“.
Ma su questo meglio sorvolare. Meglio tentare di fuorviare sulla paternità di quei tweet, come qualche debunker ha provato a fare. Meglio dire che è colpa degli hacker. Altrimenti nelle scuole, dove si vuole far leggere il messaggio di Gino Cecchettin, si rischia il giudizio dell’occhio sveglio delle nuove generazioni, a cui va dato un eroe e non una lezione.
Nella società che non ammette errori, dopotutto, non può passare il messaggio che è dagli errori che si rinasce.
Serve “Martin Luther Cecchettin” – come l’ha ribattezzato Tommaso Cerno – al paese che ha bisogno di eroi: “Gino Cecchettin è una persona normale, come ognuno di noi. Non funziona come in Harry Potter, non ci sono Grifondoro o Serpeverde, ci sono sia luce che oscurità. E a scuola vada chi ha qualcosa da dire“.
Il commento del direttore de L’Identità nella video-intervista di Stefano Molinari.