E’ polemica sull’imminente chiusura del traforo del Gran Sasso. “Tra pochi giorni l’Abruzzo sarà spaccato in due, e in tutto questo non si riesce a comprendere quale sia l’autorità in grado di impedire che territorio interno e costa restino privi di collegamenti degni di questo nome per settimane e settimane” dice il presidente regionale della Cna Abruzzo, Savino Saraceni, che torna a far sentire la propria voce, amplificando quella del mondo delle imprese. “A poche ore ormai dalla scadenza del 19 maggio, fissata da Strada dei Parchi, la società che gestisce le autostrade A24 e A25, per la chiusura del traforo del Gran Sasso – dice – in una ridda di minacce di revoche della concessione e annunci di diffide, ad oggi non è dato sapere quale autorità sia davvero in grado di impedire la chiusura, andando oltre gli annunci. Se a questo poi si aggiunge l’altrettanto imminente chiusura per lavori di manutenzione straordinaria del viadotto all’uscita del casello di Bussi-Popoli per diverse settimane – aggiunge il presidente regionale della Cna – si coglie in pieno il senso del disastro che ci aspetta: in pratica, i collegamenti tra L’Aquila e la costa saranno possibili solo grazie a una viabilità secondaria da vecchio Far West, più adatta alle diligenze che al traffico di auto e mezzi pesanti. A meno di non doversi sobbarcare decine e decine di chilometri in più di autostrada, con aggravio di costi”. “Mentre in Italia si discute della chiusura dei porti – ironizza Saraceni – forse sarà pure il caso che qualcuno si occupi, più semplicemente, di tenere aperte le autostrade. Va garantita ovviamente la doverosa messa in sicurezza di sistemi idrici, così come la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strutture, ma non si può mettere in ginocchio una regione intera chiudendo tutto, e costringendola così a un salto all’indietro di decenni”.
La direzione della Asl Avezzano-Sulmona-L’Aquila, per voce di Simonetta Santini, direttore generale facente funzione, pronuncia un secco no alla chiusura del traforo: “Non sarebbero più garantite le prestazioni salvavitaperché i percorsi alternativi sono impraticabili”. “Gli interventi d’urgenza, dall’ospedale di L’Aquila a quello di Teramo – afferma Santini – sarebbero a forte rischio poiché i ritardi nel trasporto del paziente metterebbero a repentaglio la vita del malato o, più realisticamente, potrebbero causarne il decesso durante il tragitto”.
Il ministero dei Trasporti sapeva già dal 5 aprile della chiusura del traforo del Gran Sasso. Lo si legge nel carteggio tra la concessionaria e il ministero. Strada dei Parchi, infatti, scrive al Mit il 5 aprile e quest’ultimo il 10 aprile fa sapere che non spetta alla concessionaria risolvere il problema idrico. Ulteriori indagini ed approfondimenti – si legge nella risposta del Mit – saranno contemplati dagli organi istituzionalmente preposti e verranno prontamente interessati dalla questione.
“La Strada dei Parchi non ha il potere di intervenire nella situazione che c’è e che richiederebbe l’impermeabilizzazione della galleria con una spesa che si aggira intorno ai 170 milioni di euro – spiega in un’intervista al Giornale Radio Rai, Mauro Fabris, vicepresidente Strada dei Parchi sulla chiusura del traforo del Gran Sasso il 19 maggio – Il ministero delle Infrastrutture ci ha risposto che noi non dobbiamo intervenire quindi il governo ha detto che Strada dei Parchi non ha la competenza. Serve un commissario di Governo come previsto dallo sblocca cantieri. Noi siamo rinviati a giudizio, c’è rischio di ulteriori pregiudizi nell’azione penale avviata contro di noi: essendo impossibilitati a muoverci, abbiamo dovuto prendere l’unico provvedimento possibile e cioè chiudere la galleria per evitare nuove accuse”. Sulla minaccia di una revoca della concessione Fabris risponde: “Non c’è nessuna minaccia in questo senso perché il Governo, il Mit ci ha scritto all’inizio di aprile dicendo che noi non dobbiamo intervenire in questa vicenda quindi sono solo notizie giornalistiche prive di fondamento perché il ministero delle Infrastrutture ci ha scritto che non tocca a noi intervenire. Sarebbe singolare se ora ci revocasse la concessione”.