Continuano in un modo o nell’altro a far discutere le prese di posizione di Bergoglio, il quale sempre più appare una figura controversa per la stessa Chiesa di Roma, dato che, come più volte abbiamo sottolineato, il suo operato si sta de facto risolvendo in un’accelerazione compulsiva del già in atto processo di evaporazione del Cristianesimo. A ogni modo, due delle sue più recenti posizioni meritano di essere pur telegraficamente commentate. Durante la Messa di Natale Bergoglio ha detto, con coraggio va sottolineato, che bisogna in ogni modo fermare questa guerra in atto, con chiaro riferimento alla vicenda che vede contrapposte Israele e Palestina a Gaza. Dunque Bergoglio ha avuto in questo caso il coraggio, e glielo riconosciamo senza tema di smentita, di prendere posizione contro la guerra, cosa non scontata in un tempo il nostro in cui l’Occidente sembra integralmente dalla parte di Israele e del suo imperialismo.
Ricordiamo peraltro che qualche giorno addietro Bergoglio aveva detto categoricamente che non si può rispondere al terrorismo in maniera terroristica. Un’affermazione fortissima mediante la quale Bergoglio in maniera chiarissima stava sottolineando come se condannabile era il terrorismo di Hamas, ugualmente condannabile era anche la risposta a sua volta terroristica di Israele. Sotto questo riguardo ci pare di poter dire che Bergoglio ha colto nel segno. Altra affermazione rilasciata in questi giorni da Bergoglio, a nostro giudizio più discutibile, è quella secondo cui bisogna evitare che il Natale venga confuso con il consumismo. Ci pare un’affermazione contraddittoria e discutibile non in sé, dato che in effetti è verissimo che non bisogna confondere il Natale con il consumismo. Il Natale è il cuore della tradizione cristiana, che trova la propria raffigurazione simbolica nel presepio, laddove il consumismo è una visione degenerata dello stesso Natale e trova la propria raffigurazione nello sfavillare luccicante dell’albero di Natale e della civiltà dei consumi.
Peccato però che Bergoglio stesso con la sua visione post cristiana chiusa alla trascendenza, per riprendere un’espressione in altro contesto usata da Ratzinger, sia egli stesso fautore di una confusione sempre crescente tra il piano immanente dei consumi e il piano trascendente della fede. Detto altrimenti, quella proposta da Bergoglio, come più volte ho sottolineato, è una religione senza trascendenza, una religione del tutto immanente, per molti versi post cristiana, una fede low cost, fluida, liquida e smart. Una fede in grazia della quale diventa, appunto, sempre più difficile distinguere tra il consumatore e il cristiano, a tal punto che per molti versi si potrebbe dire che ormai le due figure sono del tutto indistinguibili, dato che per la neochiesa di Bergoglio essere buoni Cristiani significa adeguarsi all’ordine simbolico e senza trascendenza della civiltà neoliberale dei consumi e dei mercati.
Ecco perché l’affermazione di Bergoglio risulta intrinsecamente contraddittoria, dacché per un verso dice una cosa giustissima, che il Natale non deve essere confuso con il consumismo, e per un altro verso tutto il suo operato sembra favorire questa confusione tra piano dell’immanenza e piano della trascendenza, tra consumismo e religione cristiana. Insomma, un’affermazione contraddittoria che rivela una volta di più come l’operato stesso di Bergoglio appaia intimamente contraddittorio.
Radioattività con Diego Fusaro