Nei giorni scorsi si è parlato, anche se in vero solo per cenni e fugacemente, delle vibranti proteste in Serbia per le elezioni. In particolare, come è stato detto, vi sono state proteste in relazione a presunti brogli da parte di coloro i quali hanno contestato Vucic, il quale è stato riconfermato elettoralmente come presidente della Serbia. Vucic rappresenta a suo modo la parte della Serbia vicina alla Russia e non disponibile ad accedere alla globalizzazione neoliberale di matrice atlantista. Vero è che Vucic non è propriamente una figura particolarmente forte e questo è stato da più parti sottolineato. Tuttavia va riconosciuto che ad oggi ha salvato la Serbia dall’ingresso nell’Unione Europea e dall’abbracciare la politica imperialistica di Washington.
E questo basta a farne evidentemente un nemico giurato della civiltà del dollaro. Peraltro lo stesso Putin in questi giorni ha ribadito il proprio sostegno alla Serbia di Vucic. Le rivolte in seguito alle elezioni sono state contenute grazie all’intervento solerte della Polizia, ma l’interrogativo che dobbiamo porci e che da più parti è stato già posto apertamente è se si sia trattata di una rivoluzione colorata fortunatamente fallita.
Le rivoluzioni colorate, anche dette Velvet Revolution, come sappiamo sono movimenti di protesta fintamente nati dal basso, dal popolo, dalle classi lavoratrici, ma realmente organizzati o comunque finanziati e propiziati dall’alto, quasi sempre con l’appoggio di Washington. L’obiettivo delle rivoluzioni colorate, così come si sono dispiegate in questi anni, è molto preciso e facilmente inquadrabile. Destabilizzare governi non allineati all’ordine atlantista acciòcché vengano rovesciati e sostituiti da nuovi governi, proni ai desiderata della civiltà dell’hamburger. Una pratica ben collaudata, che nel caso specifico può essere illustrata con un richiamo alla vicenda del golpe avvenuto in Ucraina nel 2014. Golpe che aprì la strada alla parabola orrenda che portò l’Ucraina sempre più nelle braccia dell’atlantismo fino all’avvento del guitto Zelensky, attore nato con la N maiuscola, prodotto in vitro di Washington se non di Hollywood.
Per fortuna in Serbia il pericolo è stato scampato, come usa dire, dato che la cosiddetta rivoluzione colorata o Velvet Revolution è stata prontamente fermata dalla polizia. Ma è chiaro come il sole che la Serbia rappresenta uno dei punti privilegiati delle aggressioni ideologiche da parte della civiltà del dollaro, la quale vorrebbe spazzar via in Serbia ogni resistenza alla globalizzazione neoliberale, facendo sì che la Serbia venisse normalizzata una volta per tutte. Ciò che finora non è accaduto e, possiamo ben dire, speriamo non avverrà neanche in futuro. E’ vero, Vucic non è Milosevic che fu un patriota socialista in grado di resistere fino alla fine all’imperialismo della Nato e ai suoi bombardamenti fintamente umanitari. Tuttavia per ora ha avuto l’onestà e il coraggio di non piegare alla volontà di Washington e di rimanere fedele a un progetto di resistenza all’imperialismo americano.
Radioattività con Diego Fusaro