Suona inavvertitamente e spontaneamente comica la riflessione svolta in questi giorni dal sindaco di Venezia, il giovane Giacomo Possamai. La riflessione viene riportata con dovizia e direi quasi con entusiasmo da La Repubblica, rotocalco turbomondialista e voce del padronato cosmopolitico. Possamai ha sostenuto che per il PD è di fondamentale importanza conquistare voti dell’elettorato fluido.
Con tale espressione, elettorato fluido, Possamai naturalmente intendeva l’elettorato incerto, ondivago, che può facilmente cambiare posizione a seconda del momento. E già questo di per sé meriterebbe una riflessione, dato che ormai il PD si rivolge agli indecisi, agli incerti, ai fluidi appunto, quasi come se non avesse una propria identità, o se si preferisce, come se la propria identità fosse ormai a tal punto fluida e proteiforme da poter accogliere al proprio interno, se non altro come votanti, tutti indistintamente. Sotto il profilo generale, la riflessione di Possamai era perfettamente di buonsenso, dato che ormai il PD è un partito fluido, appunto, che si rivolge a tutti e a nessuno, e dunque la sua considerazione coglie nel segno.
E tuttavia l’espressione utilizzata da Possamai si presta anche a un’altra chiave ermeneutica. Quella secondo cui il PD deve puntare sull’elettorato fluido nell’accezione postmoderna, vale a dire l’elettorato che è aderito alla coolness globalista, secondo cui non esistono fondamenti e verità e tutto cambia a seconda dei capricci dell’individuo consumatore. D’altro canto, l’abbiamo detto e ribadito a pie’ sospinto, il Partito Democratico rappresenta al meglio la sinistra fucsia-arcobaleno, dimentica di Marx, di Gramsci e dei lavoratori e ormai completamente allineata al nuovo ordine mondiale capitalistico senza frontiere.
In un suo importantissimo studio intitolato La crisi della modernità, David Harvey affermò che la postmodernità si caratterizza per la fluidità contrapposta alla solidità moderna. In verità, secondo Harvey, si distingue per molti altri motivi, ma tra questi vi è, in posizione non secondaria, la fluidità a cui il postmoderno si è votato. Lo si vede molto bene, ad esempio, nell’ambito dell’erotica, ove il matrimonio e la stessa esistenza secondo natura di maschi e femmine tende a essere superata nel pansessualismo del godimento anomico e nella nuova figura dell’androgeno.
Insomma la fluidità che ben conosciamo diventa addirittura un marchio in cui il PD si riconosce e che anzi innalza la propria bandiera. Talvolta le affermazioni possono davvero avere un proprio destino, non solo i libri habent sua fata, ma anche le affermazioni. E in questo caso il destino della formazione di Possamai è di dire la verità anche al di là delle proprie intenzioni, dato che intendeva qualcosa di diverso, ma nelle sue parole è custodito anche questo plusvalore ermeneutico che ci permette di dire che ormai la postmodernità liquida e fluida è l’essenza stessa in cui si riconosce un partito, quello Democratico, che non ha più nulla da dire in difesa degli oppressi, dei lavoratori, dei popoli conquistati dal colonialismo, ma che semplicemente insegue le mode fluide della coolness postmoderna.
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