Continua a far discutere il controverso intervento di Paola Cortellesi in un’università di Roma, dove ella ha svolto un discorso nel quale ha denunziato il presunto carattere patriarcale di Biancaneve e i Settenani. Proprio così, due considerazioni preliminari:
La prima, pensate al livello che ormai hanno raggiunto le università nelle quali si parla di Biancaneve e si fa la solita paternale, per rimanere in tema, sul tema del patriarcato. Seconda considerazione, l’ideologia dominante non risparmia nessuno, nemmeno Biancaneve. Possiamo ben dire a questo riguardo che le università sono ormai in massima parte semplici luoghi di addestramento al pensiero unico, politicamente corretto, economicamente liberista e geo-politicamente atlantista.
Ma veniamo al dunque, esaminiamo rapidamente la tesi surreale della Cortellesi. Secondo la Cortellesi, Biancaneve sta a casa fa la colf dei Settenani, che invece tranquillamente escono di casa e la trattano in maniera patriarcale. Si tratta di una tesi del tutto surreale, lo dico subito.
Intanto perché Biancaneve non era costretta a stare in casa, sappiamo bene che era ospitata dai Settenani, e poi in secondo luogo perché i Settenani non uscivano a giocare a pallone o a scacchi, ma andavano in miniera a lavorare. Ecco, se proprio vogliamo dirla tutta, la storia di Biancaneve e i Settenani può essere letta in maniera ben diversa rispetto a come viene letta e presentata dalla Cortellesi. Intanto sfatiamo subito il mito oggi dominante secondo cui i maschi sono per definizione cattivi e le femmine sono per definizione buone.
E’ la caratteristica del pensiero unico liberista quella di stogliere lo sguardo dal conflitto di classe tra basso e alto per dirottarlo in orizzontale verso micro-conflitti molto spesso artificiali come quelli tra maschi e femmine, eterosessuali e omosessuali, bianchi e neri. La vicenda di Biancaneve ci racconta di una donna, la perfida regina, che attenta alla vita di Biancaneve, la quale viene salvata, per ironia della sorte, da uomini, prima dal cacciatore, poi dai Settenani, infine dal principe che la sposa. Ma poi un altro elemento interessante che ci permette di riannodare queste considerazioni a un tema caro ad Adorno, il quale nelle pagine della Dialettica dell’Illuminismo, scritta con Horkheimer e dedicate all’industria culturale, ci aveva suggerito una possibile pista ermeneutica a proposito dei cartoni della Walt Disney.
Diceva Adorno, infatti, che i cartoni veicolano contenuti essenziali dell’ideologia dominante. Egli esaminava, nella fattispecie, la figura di Paperino, che subisce continuamente ingiustizie e va avanti come se nulla fosse, perciò stesso educando il buon consumatore a subire la sua buona dose di ingiustizie senza mai batter ciglio. Nel caso di Biancaneve l’ideologia evidente è quella per cui i sette nani vanno fischiettando a lavorare in miniera.
Come a dire, sopportate il mondo e le sue ingiustizie fischiettando e senza mai rivoltarvi. Insomma, un messaggio chiaramente lanciato alle classi lavoratrici a ciò che, anziché insorgere, accettino fischiettando in maniera spensierata il gravame di ingiustizie e sofferenze che la civiltà capitalistica impone loro. Questa potrebbe essere una lettura critica, non certo quella della Cortellesi, che finisce unicamente per rinsaldare i moduli del pensiero unico politicamente ed eroticamente corretto.
Radioattività con Diego Fusaro – Lampi del pensiero quotidiano