Il sociologo canadese Erving Goffman aveva teorizzato il suo “modello drammaturgico” parlando di “ribalta” e “retroscena”.
Mentre la prima indica ciò che gli attori portano sul palco, il lato più curato e preparato per il pubblico, l’altra rappresenta la vera faccia della scena. Una manipolazione vera e propria del presentarsi e dell’apparire che mira ad ottenere l’approvazione del pubblico. Ebbene, le maschere teorizzate dal sociologo, a detta dello stesso, si trasportano negli aspetti della vita di tutti gli esseri umani.
Anche nei politici, che nelle dichiarazioni ufficiali appaiono impeccabili, ma in quelle ufficiose chissà.
Sarà anche il caso del World Economic Forum?
L’incontro che si tiene annualmente a Davos pare infatti ricalcare quegli atteggiamenti che portano all’impeccabilità della presentazione.
Interviste formali, con risposte altrettanto formali, infiocchettate e a tratti scontate di personaggi illustri. Ma soprattutto, è la lista dei rischi stilati dal Forum di Schwab che richiede attenzione in questo senso. La disinformazione ottiene infatti il primo posto dei rischi globali.
La scelta viene giustificata con l’assunto che le “fake news” sono sbagliate e vanno eliminate. Ma chi decide cosa sia “disinformazione”?
Quali sono i criteri pratici per riconoscerla? Ecco allora che tornando al concetto di “retroscena” di Goffman, Elon Musk sembra volerlo smascherare al mondo. Il vero criterio di scelta del WEF secondo il CEO di X? “Per disinformazione il WEF intende tutto ciò che è in conflitto con la sua agenda“, scrive Musk sulla sua piattaforma. Un affondo che ha il suo buon peso, visto il calibro dello scrivente.
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