E così il governo italiano cede un’altra quota di poste italiane, nonostante ci siano critiche, diciamo perplessità da parte dei sindacati e di diverse forze politiche.
Il ministro Giancarlo Giorgetti afferma che è necessario mantenere il controllo di almeno il 35%, ma poi non esclude la vendita completa della quota ministeriale. Quello che solleva dubbi sulla validità economica è il fatto che il rendimento delle operazioni riferenti le azioni di poste italiane supera il 6%, mentre il rendimento medio del valore dei titoli di Stato italiano è inferiore al 4%, per cui la vendita potrebbe comportare una perdita di dividendi per il tesoro superiore al risparmio sul debito pubblico, quindi a una ragione di calcolo economico. Ebbene, nonostante le critiche, pare proprio che l’operazione proceda, soprattutto considerando gli interessi dei grandi investitori internazionali e anche probabilmente i bonus che vengono dati ai manager legati alla riduzione dei comparti in perdita.
Insomma, l’ostinazione del governo italiano sembra chiaro nella volontà di cedere ulteriori quote di poste italiane e solleva dei dubbi non solo sulla validità economica ma anche, come dire, sulla visione politica riferita ai cittadini e ai lavoratori, ai risparmiatori in genere, ma soprattutto agli italiani. Quindi le proteste sottolineano la necessità di una riflessione più approfondita prima di continuare sulla strada delle privatizzazioni. Quello che osservo è che in realtà del tema delle privatizzazioni parliamo da trent’anni.
Sono trent’anni che con allora Ministero del Tesoro Draghi e poi con tutta la politica che da trent’anni si sussegue continuiamo il mantra del privato è bello e pubblico è brutto. Noi abbiamo distrutto interi comparti, abbiamo svenduto, fatto a pezzi le industrie di Stato per risanare un debito pubblico che come avete visto non è stato così risanato. Ora c’è quindi una posizione ideologica, aprioristica, di quella di ritenere che lo Stato vada smantellato e si debba andare sempre più verso un’economia capitalistica che in realtà diventa un’economia privatistica.
Ecco io penso che questo sia un grave errore proprio dal punto di vista strategico perché ritengo che ci debbano essere dei comparti dello Stato in cui lo Stato debba fare lo Stato e questa è una posizione che io ho maturato avendo 30 anni fa una posizione diversa ma soltanto gli sciocchi non imparano dei propri errori oppure coloro che hanno interesse a non vedere gli errori fatti nel passato.
Malvezzi quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi