In questo ambiente a volte scorbutico, cinico e scorretto come sa essere quello dell’emittenza privata, ogni volta che ci siamo imbattuti in un gentiluomo ci abbiamo fatto caso. Ancora più fortunati sono stati quelli che, tra noi, hanno avuto la fortuna di lavorarci assieme.
Alberto Mandolesi, tra le altre cose, è stato un gentiluomo: non è una questione generazionale ma un dato umano, frutto del carattere e dell’educazione.
La storia della radio e della televisione privata a Roma, nessuno lo sa meglio di Radio Radio, è stata un cammino pionieristico, artigianale, evolutivo, fino ad approdare in alcuni casi a una dimensione aziendale in accezione moderna. Alberto Mandolesi, del quale Radio Radio non ha mai incrociato i destini professionali, è stato in ogni caso uno di quei colleghi che ha sempre riscosso rispetto, stima e simpatia, indipendentemente dalla “casacca” giornalistica che indossava. Il rispetto che abbiamo sempre nutrito per lui non è stato frutto di una diplomatica convivenza nel medesimo habitat, ma di un genuino apprezzamento per l’uomo, innanzitutto, che a sua volta ha sempre apprezzato chi lavora con correttezza, alla ricerca del racconto e della notizia.
Un’altra cosa ci piace, ora, ricordare di Alberto, un suo insegnamento: non ha mai fatto mistero della sua appartenenza ai colori della Roma, per come l’ha vissuta e raccontata. Eppure, mai nessuno ha mai dubitato della sua obiettività durante i racconti in radiocronaca e del suo rispetto dell’avversario, quale che fosse. Un pregio che oggi vale oro, visto che a molti anni di distanza tanti professionisti dell’informazione credono che basti celare il tifo per la squadra del cuore per avere una patente di correttezza.
Mandolesi ha inventato il ruolo del radiocronista locale, perché all’alba dell’emittenza locale è come se fosse stato tra i primi e i pochi ad alzarsi per scorgere il sole. Nei primi anni di vita della nostra emittente, lui era uno degli esempi ai quali ispirarsi e questa forma di ammirazione non potrà mai essere intaccata dal tempo che trascorre. Nemmeno dalla morte, che ora tanto ci addolora.
Qualcuno di noi ha avuto modo di lavorarci assieme, come dicevamo all’inizio; qualcun altro di condividere con lui tempi, modi e luoghi della vita da cronista: gli saremo sempre grati per la buona educazione, la simpatia e la correttezza che ha condiviso con noi.