Immaginate di avere a disposizione un motore di ricerca potentissimo. Questo motore di ricerca può consentirvi di avere informazioni molto approfondite sui movimenti contabili di qualunque soggetto vi venga in mente: dai conti correnti ai prelievi fuori dal comune. E’ ciò che Pasquale Striano, tenente della Guardia di Finanza, avrebbe fatto con più di 300 persone influenti del mondo della politica e non solo.
Ma l’accusa non si ferma qui: oggi ci sono i nomi di chi sarebbe stato attenzionato in questo modo, e curiosamente la maggior parte di questi sono appartenenti a una precisa area politica.
Stiriano avrebbe fatto delle ricerche su molti degli attuali Ministri, ma le informazioni venivano cercate anche subito dopo la ribalta di un nome nelle cronache: dopo una notizia o uno scandalo, ad esempio.
Secondo alcune ricostruzioni, Stiriano avrebbe cercato informazioni su diversi elementi del governo Meloni. Nei giorni in cui Giorgia Meloni annunciò i ministri, cercò per esempio dati sul ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, sul ministro del Lavoro Marina Calderone e su Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione. Nel settembre del 2021 aveva già cercato informazioni su Francesco Lollobrigida, futuro ministro dell’Agricoltura, su Adolfo Urso, e sull’allora presidente del Senato Casellati.
Il caso nacque quando il ministro Crosetto fece un esposto alla procura di Roma. In seguito a un articolo pubblicato dal Domani di De Benedetti su dei compensi ricevuti per alcune sue consulenze fatte ad aziende partecipate pubbliche legate all’industria delle armi, Crosetto non querelò, ma chiese alla procura di approfondire sull’accesso a questi dati riservati.
I due principali indagati di tale operazione, risulteranno appunto essere Stiriano e il magistrato Antonio Laudati: entrambi avrebbero avuto accesso a diverse banche dati: SIVA, il Sistema Informativo Valutario, che serve a controllare operazioni finanziarie anomale, Serpico, dell’Agenzia delle Entrate, per controllare i redditi; Sidda/Sidna, utilizzata dalla direzione nazionale antimafia per controllare le indagini preliminari e i procedimenti in corso, e infine Infocamere, con i dati del registro delle imprese.
Tali informazioni venivano poi inviate a tre giornalisti di Domani: Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine (ancora non è chiaro se su richiesta).
“Stiamo parlando di una banda, perché se abbiamo un numero X di persone che lavorano a un unico disegno criminoso, a casa mia si chiama associazione a delinquere, anche se i magistrati ci vanno più cauti per ora“, commenta Claudio Borghi, uno degli intercettati, a Lavori in Corso. “Io sono una persona noiosa, anche finanziariamente“, continua, “ma se a me piacciono i quadri e un giorno decido di comprarne uno a 40mila euro, succede che il Domani avrebbe potuto pubblicare un pezzo del tipo ‘I vorticosi movimenti di denaro di Borghi nel mirino dell’antiriciclaggio’: voi capite che se uno legge questa cosa si fa un’idea sul nulla“.
Già, perché non è reato prelevare somme di denaro “diverse” dal solito: è qui che Borghi ribatte al “male non fare, paura non avere” con cui in molti hanno commentato il caso dossieraggio: “E’ una ca***ta da regime totalitario“.
Ascoltate l’intervento da Stefano Molinari.
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