L’italiano ha assorbito alcuni termini dalla lingua inglese ormai da anni e il rischio è quello che ne venga assorbito sempre di più. L’internazionalizzazione del nostro Paese riguarda le abitudini, il linguaggio e la cultura, sulla scia di un’evoluzione sempre più americanizzante. Una trasformazione che riguarda anche le università, con il rischio di relegare in secondo piano il legittimo primato che detiene la tradizione italiana. È quindi più che mai attuale, la lettera che il Presidente dell’Accademia della Crusca, Paolo D’Achille, ha inviato al Rettore dell’Università degli Studi Alma Mater di Bologna, Giovanni Molari e alla Ministra dell’Università Anna Maria Bernini. Nella lettera D’Achille, ha contestato la scelta dell’Università di Bologna, di eliminare il Corso di Laurea in Economia del Turismo in lingua italiana, a favore dell’insegnamento in lingua inglese. Il nuovo corso dell’anno 2024-2025 si chiamerà infatti “Economics of Tourism and Cities“. Una decisione che la Crusca non ha potuto ignorare, considerando che il suo principio cardine è la tutela e la sopravvivenza della lingua italiana. Uno dei punti fondamentali della lettera era infatti: “La progressiva eliminazione dell’italiano dall’insegnamento universitario in vista di un futuro monolinguismo inglese costituisce, come ha osservato anche la European Federation of National Institutions for Language, un grave rischio per la sopravvivenza dell’italiano come lingua di cultura e tout court“. Un problema che sarà difficile da sradicare, considerando il fatto che i corsi in inglese sono ad oggi quelli più ambiti dagli studenti, essendo la lingua internazionale per eccellenza. Ma cosa ne pensa Claudio Marazzini predecessore di D’Achille in qualità di Presidente Onorario della Crusca?
“È dal 2012 con questa questione, passata per le mani di tutti i Presidenti: Nicoletta Maraschio, Francesco Sabatini, al sottoscritto, e ora, dopo due anni, tocca a D’Achille. Noi lo appoggiamo pienamente, ma la cosa più triste è che non si riesca a trovare un equilibrio civile per il rapporto che dovrebbe essere di convivenza tra l’inglese e l’italiano, all’interno degli Atenei. Nonostante esiste la sentenza 42 del 2017 della Corte Costituzionale, che spiega quello che si può e non si può fare in questo ambito. Le motivazioni principali per cui hanno fatto questo corso in inglese sono due: l’internazionalizzazione e il maggior numero di iscritti al corso d’inglese. Io credo che sarebbe utile capire quanti siano davvero gli studenti internazionali iscritti a questo corso. Per quello che noi sappiamo gli studenti italiani preferiscono questo corso per un motivo molto semplice: perché è più facile.
La soluzione è internazionalizzare ma riservando uno spazio anche all’italiano, in quanto stiamo parlando di un turismo che è italiano e con un pubblico italiano. Se viene cancellato completamente, la Crusca si oppone”. In effetti come ha scritto Paolo D’Achille nelle lettera inviata all’Alma Mater di Bologna: “l’Economics of Tourism and Cities, parla di turismo ed è verosimile pensare che ci si riferisca a quello che ha per oggetto l’Italia, le sue città, il suo incomparabile patrimonio di beni naturali, artistici, archeologici, storici e culturali. Possibile che in questo quadro la lingua italiana sia tagliata del tutto fuori? I nomi delle città, degli artisti, delle opere, dei Musei, non sono ancora in italiano?”