Se vivi in Alabama e hai ponderato la decisione di interrompere la gravidanza con l’introduzione, nei prossimi sei mesi, della nuova norma non sarà più possibile, salvo in caso di pericolo di vita della donna. E’ quanto stabilito dal Parlamento dello stato sud-orientale degli Stati Uniti che ieri, 15 maggio, ha approvato una legge che vieta l’aborto.
Il provvedimento, passato al vaglio del Senato e approvato grazie ai voti favorevoli di 25 politici, è stato firmato in queste ore dalla governatrice dell’Alabama, la repubblicana Kay Ivey. A renderne testimonianza su Twitter è stata la stessa deputata, attraverso un commento e un’immagine che la immortala mentre firma. “Per i molti sostenitori di questo provvedimento, questa legge serve a testimoniare in modo possente la profonda convinzione della gente dell’Alabama che ogni vita è preziosa ed è un dono sacro di Dio” ha scritto la Ivey sul suo profilo social.
Dopo la ratifica, starà ai promotori del provvedimento puntare sulla sua effettività e applicabilità di sentenza in sentenza, fino ad arrivare al vaglio dei giudici della Corte Suprema. L’obiettivo è infatti quello di riuscire a ribaltare una sentenza del 1973, la “Roe vs Wade”, che legalizzò l’aborto.
Ma cosa prevede esattamente questa nuova norma che, se non sospesa da un tribunale e non definita incostituzionale dai giudici della Corte Suprema, non consentirà più alle donne di abortire in Alabama? E in quali altri paesi l’interruzione di gravidanza risulta illegale?
Da quanto si evince dal testo, la legge vieta l’interruzione di gravidanza anche in caso di stupro e di incesto. Unica circostanza contemplata? In caso di salvaguardia della salute della donna in stato interessante, qualora quest’ultima si trovasse in pericolo di vita. La partoriente, inoltre, che violerà la legge non sarà considerata penalmente responsabile, al contrario dei medici che rischieranno fino a 99 anni dietro le sbarre per aver praticato l’aborto.
Il provvedimento, che, all’interno del testo, riporta anche il numero dei feti abortiti,
superiore a quello delle persone uccise nei gulag di Stalin o nei campi di sterminio della Cambogia, è la misura più restrittiva d’America su questa tematica. Ma, se si volge lo sguardo ad altri paesi del mondo, non sembra essere l’unica a non consentire l’interruzione di gravidanza.
L’aborto è, infatti, vietato anche in caso di pericolo di vita della madre, in alcuni paesi dell’Africa, quali Angola, Egitto, Senegal, Iraq, Gabon, Guinea-Bissau e Madagascar. Stessa linea adottata anche nelle Isole Marshall, Filippine, Repubblica Dominicana, El Salvador, Haiti e Nicaragua.
La salvaguardia della salute della gestante costituisce, invece, motivo per consentire la pratica d’interruzione spontanea della gravidanza in Somalia, Libia, Sudan,
Venezuela, Afghanistan, Paraguay e in Bangladesh. L’aborto è consentito anche in caso di stupro e di malformazioni del feto in paesi come il Venezuela, Messico, Cile e Panama.
Differente la situazione in Europa dove, nella maggior parte degli stati membri dell’Ue, si può praticare l’interruzione della gravidanza entro 12 settimane dal concepimento, 90 giorni per l’Italia. Tra i paesi europei che, invece, pongono il divieto di abortire figurano le isole Cipro e Malta. In quest’ultimo stato, l’interruzione di gravidanza non è prevista neanche in caso di pericolo di vita della madre, che rischia fino a 3 anni di carcere. Severa anche la pena per il medico che l’assiste, il quale può finire dietro le sbarre per 4 anni e non esercitare più la professione.
Non prevede l’interruzione di gravidanza in ogni suo aspetto anche lo Stato Vaticano, mentre nel Liechtenstein, a San Marino e nel Principato di Andorra l’aborto è illegale, salvo nel caso in cui la madre rischia la vita. Medesima linea adottata anche in Polonia, con l’aggiunta che, se il feto è malformato o è frutto di un incesto o di uno stupro, alla gestante viene consentito di abortire.