Un Atletico Madrid che ha sentito fino alla fine, con il suo pubblico che gli soffiava incessantemente alle spalle, di potercela fafe; un’Inter che avrebbe avuto la forza tecnica e mentale per farcela, ma non alla fine. Non senza correre rischi, non senza sprecare occasioni nitide, vedi Thuram a un quarto d’ora dal termine e Barella qualche giro di lancetta dopo, durante i 90′.
Quanto potranno fare male le braccia a Diego Simeone, che le ha mulinate per tutta la partita nell’intento di ottenere la massima spinta possibile dal “Metropolitano” non più Wanda? Il fatto è che il Cholo sapeva bene che in una serata come quella che ha appena negato all’Inter il prosieguo della sua avventura nell’Europa più prestigiosa, ogni componente dell’universo colchonero avrebbe dovuto profondere il massimo sforzo possibile.
Sfinita, l’Inter, al termine di una gara che le ha richiesto il massimo sforzo tattico e agonistico; eliminata, l’Inter, pur se ha fatto corrispondere all’intensità dei madrileni, in una delle loro migliori versioni stagionali, la capacità di soffrire con lucidità, avvertendo ogni vibrazione di pericolo e ogni monito, come il palo colpito da Depay che ha funto da preludio al 2 – 1 siglato da quest’ultimo, dopo il vantaggio nerazzurro di Dimarco e il pari biancorosso di Griezmann, per la materializzazione dei tempi supplementari, i quali hanno portato le due squadre, esauste, a picchiarsi un po’ di più e a recriminare ognuna sulle proprie occasioni mancate.
Arrivano i rigori e i nerazzurri cominciano con Calhanoglu, bene, e finiscono, in tutti i sensi, con Lautaro che sbaglia. Recriminazioni? Tante, per Lautaro e compagni, ma molto prima dell’esito deciso da un dischetto.