Uno spettro si aggira per l’Italia. Uno spettro che ha nome e cognome: Imposta Valore Aggiunto, Iva.
La sua ombra minacciosa aleggia sempre su di noi e rischia di piombarci addosso ancora più aumentata e di rendere la nostra vita più povera, più complicata e soprattutto meno dignitosa. L’Iva, grande risorsa per i governi che non sanno gestire l’economia, fonte di fondi per chi ha usato male quelli che aveva, non è stata sempre presente nella nostra vita. Risale infatti al 1972 la nascita di questa tassa che raccoglieva in sé undici precedenti tasse e bolli (tra cui anche quella, non ridete, sulle cartine da sigarette). Da allora l’Iva, pur in modo altalenante, non ha fatto che aumentare. Oggi l’Iva è al 22 per cento ed è alla base di una vastissima evasione.
Come avrete constatato personalmente tutti capita sempre più spesso che un artigiano, ma anche un professionista, al momento di presentarvi il conto, aggiunga un’osservazione: senza l’Iva è tanto, con l’Iva è il 22 per cento in più. Voi risparmiate, lui risparmia e soprattutto evade il fisco.
L’Iva è una tassa che colpisce tutti, poveri e ricchi.
È una tassa, affermano da tempo alcuni economisti, che andrebbe ridotta al minimo. Così, è vero, lo Stato incasserebbe meno, ma l’economia ne avrebbe un immediato vantaggio e le perdite di introiti del primo anno sarebbero bilanciate dallo sviluppo e dall’aumento degli utili di quelli seguenti.
Ma in Italia non si può. Non si può perché questo governo è alla disperata ricerca di entrate per bilanciare molti provvedimenti che non poteva permettersi di prendere e invece ha preso, per tamponare l’aumento inesorabile della spesa pubblica, il crollo dell’economia e la stasi dello sviluppo (dovuta anche al blocco di tutti i cantieri che avrebbero impegnato 400 mila lavoratori e mosso capitali immensi).
Qualche sciagurato la chiama decrescita felice. Sì, felice come la miseria.
Capita così che qualcuno: Conte e Tria per esempio, si lasci sfuggire qualche frase sull’inesorabilità dell’aumento dell’Iva e sia subito rintuzzato dai due dioscuri, Di Maio e Salvini, che giurano che mai, mai e poi mai aumenteranno l’Iva. Questo almeno fino alle elezioni. Poi, a urne chiuse e scrutinate, si vedrà. Si vedrà con molta probabilità l’Iva salire a un folle 25,2% (e al 13 per i prodotti più basici e utili). In altre parole vi vedrete costretti a pagare di sola Iva oltre un quarto del vostro ricavo. E poi, ovviamente, a pagarci sopra anche l’imposta sul reddito e il resto (tasse comunali, regionali).
Sarà un disastro, soprattutto per la gente normale. Perché i commercianti, i trasportatori, tutti quelli con le partite Iva, alla fine la tassa la possono scaricare. Quelli che non possono farlo saremo noi.
Come si dice a Napoli cornuti e mazziati.
Marco Guidi