Il modello dell’Unione Economica e Monetaria, istituito nel 1992 con il Trattato di Maastricht, mostra ormai, a distanza di 32 anni, delle lacune evidenti, essendo stato concentrato sui cambi fissi, sulla libera circolazione dei capitali, su una disciplina di bilancio, su una politica monetaria indipendente dalla politica, lasciando la gestione del lavoro ai singoli Stati membri. Questa struttura presenta addirittura un trilemma: cambi fissi, deflazione della domanda con politiche interne fiscali espansive e una svalutazione interna del lavoro.
Durante la cosiddetta crisi del 2008-2009, le politiche di austerità furono adottate per migliorare la competitività, nonostante comportassero una riduzione della ricchezza nazionale. Anche se il cosiddetto quantitative easing ha salvato l’Euro, le criticità di questo trilemma persistono, le proposte brillanti dei guru europei comprendono un reddito di cittadinanza europeo, una tassa sui profitti di capitali e un bilancio centrale europeo, credendo erroneamente che queste misure tattiche risolveranno le crisi strategiche, ideologiche, politiche ed economiche. Ovviamente il motivo principale dei nostri problemi sembrerebbe essere stata l’assenza di un reddito di cittadinanza europeo: il che è un pensiero di schiavismo.
Per contrastare la piaga dei bassi salari è essenziale adottare misure come la scala mobile dei salari, abolire riforme retrograde di un mercato del lavoro degli ultimi 30 anni, implementare soprattutto un robusto programma di piena occupazione finanziato dalla spesa pubblica e soprattutto capire che i posti di lavoro li creano gli imprenditori e smetterla di attaccare gli imprenditori perché sono quelli che producono il reddito. E no, chiaramente invece la logica è quella di credere che magicamente la politica dell’Unione Europea risolverà i problemi. Io passo le mie giornate a fianco degli imprenditori, faccio consulenza di strategia agli imprenditori e mi accorgo sempre più ogni giorno che c’è una distanza ormai insanabile tra i problemi degli imprenditori e il linguaggio della politica europea.
Me ne accorgo incontrando chi lavora, chi produce, chi dà posti di lavoro. Da 30 anni la fiducia nella finanza ha portato alla sfiducia nei confronti degli imprenditori. E ormai le fette di salame sugli occhi di tutti sono talmente spesse, che chiunque dica il contrario, come me, viene visto come un pazzo.
Non importa. Buona economia umanista.
Malvezzi Quotidiani, comprendere l’economia umanistica con Valerio Malvezzi