Con la rapida ascesa dell’intelligenza artificiale come strumento tecnologico che si affianca alle nostre vite, mai come in questo momento, ci siamo resi conto di quanto il rischio di farci sopraffare dalla tecnologia che noi stessi abbiamo creato sia diventato reale, tangibile.
Il dibattito interessa le nuove generazioni più delle altre, le generazioni nate e cresciute digital, quelle che hanno fatto della tecnologia uno strumento indispensabile. Il rischio è quello di raggiungere uno stato generale di assuefazione, una condizione di totale dipendenza da ciò che è nato per essere un ausilio e rischia di trasformarsi in condanna. I dati parlano chiaro: sempre più giovani ritengono l’uso della tecnologia un aspetto cruciale delle proprie vite, senza il quale non riuscirebbero a svolgere le attività lavorative, accademiche, o più semplicemente le attività sociali.
L’obiettivo però, sostiene Fabio Duranti, sarebbe proprio quello di “appiattire le nuove generazioni, al fine di promuovere nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale o gli assistenti vocali, i quali non danno un reale apporto alla cultura di un ragazzo, ma gli offrono soltanto puro nozionismo fine a se stesso, inutile per le cose concrete della vita“
E, proprio a proposito del nozionismo di cui sono succubi le nuove generazioni, Alberto Contri, getta ulteriore benzina sul fuoco, spiegando come il ruolo decaduto dell’insegnante sia stato una delle principali cause di questo declino: “I giovani sono sottoposti a migliaia di stimoli ogni giorno che arrivano da telefoni o pc e il ruolo degli insegnanti dovrebbe essere quello di dare loro stimoli reali, creare dibattito, chiedere i loro pareri. A quel punto vedrete come i giovani si risvegliano! Ma se l’insegnante ragiona da dipendente pubblico che va a lavoro, fa il suo dovere e aspetta soltanto che finiscano la giornata, non genera nei suoi studenti alcuno stimolo reale, anzi, li invoglia a raccogliere più stimoli possibili dai propri device elettronici. E’ proprio qui il problema principale: dovremmo riabituare i giovani agli stimoli della vita reale e questo dovrebbe partire proprio dagli insegnanti“