L’Università di Trento ha varato il regolamento d’ateneo, ma spicca una novità: è scritto utilizzando il femminile sovraesteso per le cariche e le referenze di genere. La presidente, la rettrice, la segretaria, la decana, la candidata e le professoresse. Sono queste le terminologie presenti nel testo, ripetute a più riprese, indipendentemente dal genere a cui fanno riferimento.
Il femminile sovraesteso è un approccio linguistico che utilizza la forma al femminile come predefinita, sia quando si sta parlando del genere maschile o femminile, sia di persone con genere non specificato. Quanto, di fatto, accade da sempre, ma con la forma al maschile. Non a caso è, infatti, un uso linguistico nato per rendere il linguaggio più inclusivo e rappresentativo e per contrastare la discriminazione di genere che da sempre passa (anche) attraverso il linguaggio.
Alessandra Libutti, femminista e giornalista di inoltreblog.com, ha commentato la decisione del consiglio dell’Università di Trento ai microfoni di Stefano Molinari: “Questa decisione è come un boomerang. Da quanto mi è stato riferito, sembra essere una provocazione. Dunque, accettiamo l’ipotesi che si tratti di una provocazione, ma una provocazione finalizzata a cosa? Se uno vuole provocare qualcuno, qual è lo scopo? Quindi, l’obiettivo di questa decisione sembra essere quello di far provare agli uomini ciò che le donne hanno sempre provato.Qui ci troviamo nell’ambito di un tentativo di terapia di massa, il che non mi sembra una politica intelligente. Si tratta di voler umiliare una categoria di persone per far loro capire cosa si prova. È una metodologia che sembra più simile alla rivoluzione culturale cinese, cercando di umiliare le persone per far loro capire qualcosa, cosa che, dal punto di vista psicologico, non funziona e non esiste“
L’intervento integrale | Lavori In Corso 2 Aprile
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