Le tensioni aumentano tra il governo, i sindacati e il colosso automobilistico Stellantis riguardo alla produzione di veicoli elettrici in Italia.
Mentre Stellantis sembra propensa a spostare la produzione elettrica in altri paesi per ridurre i costi, le preoccupazioni per la perdita di posti di lavoro crescono tra i rappresentanti governativi e sindacali. Tuttavia, nonostante gli sforzi per promuovere la mobilità sostenibile, una recente ricerca evidenzia che solo la metà degli automobilisti negli Stati Uniti e in Francia è interessata a passare ai veicoli cosiddetti green. Nel frattempo il mercato automobilistico globale continua a mostrare una crescita significativa.
Questa situazione tuttavia solleva il rischio di una perdita di competitività per i marchi europei a favore di chi? Dei concorrenti cinesi. Guarda caso ancora una volta lei, la Cina. Insomma l’Europa sta diventando una sorta di piattaforma a vantaggio della Cina, come io avevo previsto, con oltre 700 mila posti di lavoro in pericolo complessivamente in Europa.
Gli incentivi governativi per i veicoli elettrici, sebbene presenti, potrebbero non essere sufficienti a guidare una vera e propria rivoluzione come quella che l’Europa vorrebbe nel settore automobilistico. Naturalmente tale proposta sarebbe valida soltanto qualora fossero presenti dei sussidi statali, ma vi ricordo che i sussidi statali non esistono gratuiti, sono sempre dei sussidi di spostamento di risorse prese dai cittadini e quindi attraverso le tasse, il che è come dire che le nostre tasse serviranno a fare una transizione ecologica che qualcuno ha deciso, ma non credo noi. Considerando un rapporto ipotetico di posti di lavoro tra veicoli a motore endotermico e veicoli elettrici in una proporzione di 3 a 1, la dinamica sarebbe quindi la seguente.
Fornite incentivi e ricevete in cambio disoccupazione. Ecco, questa è la situazione paradossale e vi faccio osservare che queste situazioni si creano tutte le volte che si cerca di intervenire nei mercati politicamente. I soldi meglio spesi sono quelli che gli imprenditori spendono nelle proprie aziende, investendo liberamente nei posti di lavoro con l’incrocio della domanda e dell’offerta, e non invece nei mercati artefatti dalla politica.