Si è ancora una volta svolto a Roma il Pride, momento archetipico della civiltà arcobaleno e della sua incontenibile ostentazione dell’eccesso e della bizzarria, della dismisura e del capriccio di godimento. Parrucche fucsia, uomini svestiti sui trampoli, ostentazione della nudità e dell’eccesso in ogni loro figura. E, quel che è peggio, viene spacciata per rivoluzionaria questa esibizione di conformismo, massima espressione della legge del capitale, che ci esorta in ogni istante all’eccesso e all’abbattimento della legge, in nome della deregolamentazione economica e antropologica. La distruzione della famiglia e la liberazione del godimento anomico per macchine desideranti, come le chiamava Deleuze, sono i due cardini del Pride in quanto manifestazione estrema dell’essenza stessa del capitalismo assoluto e totalitario, il quale è economicamente di destra e culturalmente di sinistra. Immancabili ovviamente le forze del quadrante della Sinistra fucsia sul palco a sostenere questa carnevalata.
Carnevalata che, deve essere chiaro, non ha nulla a che vedere con i diritti degli omosessuali, essendo soltanto un’esibizione del nuovo lifestyle consumista, postmoderno e deregolamentato. Lifestyle che porta il nuovo ordine global capitalistico a dotarsi di un corrispondente nuovo ordine erotico. Questa è la nuova tragicomica fisionomia della società del capitalismo globale, abitata da soggetti votati al godimento consumistico ed erotico e, insieme, sfruttati ogni giorno di più sul piano lavorativo, incapaci di capire che la liberazione del godimento nelle sue forme eccessive non contrasta al potere capitalistico, ma ne esprime l’essenza e ne permette il funzionamento a pieno regime. “L’apice della subalternità”, direbbe il Gramsci dei quaderni del carcere.
Elly Schlein ovviamente era presente, la vestale dell’arcobaleno e della Sinistrash, che ha rinnegato Marx, Gramsci e i lavoratori per aderire con zelo alle battaglie ultracapitalistiche dell’arcobaleno, del Green e dei diritti umani da asporto con missili democratici. Una volta di più, la New Left arcobalenica rivela la propria natura di semplice costola della globalizzazione neoliberale e di guardia fucsia dei padroni del mondo. Come non mi stanco di ripetere ormai da anni, se la sinistra smette di interessarsi a Marx e a Gramsci, occorre perciò stesso smettere di interessarsi alla sinistra. La sinistra oggi rappresenta il nemico non meno della destra. Per quel che concerne il Pride, si tratta di una manifestazione ultracapitalistica della civiltà dello spettacolo per tre ragioni. che enuncio in maniera telegrafica. Primo, sposta lo sguardo dai problemi del lavoro, dello sfruttamento e del salario all’arcobaleno, che ovviamente nemmeno sfiora la contraddizione capitalistica. Anzi, lei è funzionale. Secondo, il Pride svolge una funzione compensativa. Mentre la mano destra vi toglie diritti sociali e del lavoro, la sinistra vi elargisce arcobaleni e diritti cosmetici avulsi dalla questione di classe. Terzo, il Pride modelle e impone il nuovo lifestyle global liberista, che chiama a diritti i capricci di consumo per certi ambienti, secondo il paradigma per cui tanta libertà hai quanta puoi comprarne. Del resto vi sarete anche voi domandati perché le grandi aziende del capitale, le multinazionali no border, quelle che contrastano la lotta per i diritti e per i salari, sono poi in prima fila nel promuovere, magari anche nel finanziare, i Pride.