Ad aprile gli allarmi di maggio. A maggio gli allarmi di giugno. E così via, fin quando, inevitabilmente, non farà caldo. Strano per qualcuno, ordinario per chi si ricorda cosa accade in estate. Ma aspettate, vi ricorderanno che l’anomalia climatica starebbe nelle temperature sopra la media. Vale a dire che anziché 33°C ce ne sono 36°C.
Nel frattempo qualcuno inizia a misurare, udite udite, le superfici e il calore che emettono. Parliamo di muri, cofani di macchine, marciapiedi. Trovano perfino temperature di 50°C e oltre! E non sono neppure ironici. Come quando parlano di “temperatura percepita”. Da qualche anno è sempre più frequente imbattersi in articoli in rete che riportano tale misura spacciata per scientifica, poi leggiamo la definizione: “La temperatura percepita (o heat index, indice di calore) è una misura indiretta (perchè combinazione di due grandezza misurate effettivamente, umidità relativa e temperatura) della sensazione di caldo percepita, in media, dall’essere umano“.
E poi ci fanno i titoli: “In Brasile temperature percepite fino a 60°!”.
Tutto falso? Proviamo a chiederci il contrario: perché dovrebbe essere vero? Non lo è, secondo il fisico dell’atmosfera Mario Giuliacci ad esempio, ma ci sono clic da ottenere e un fiorente mercato green da mettere in piedi sulla falsariga del “vergognamoci tutti, noi che facciamo male al pianeta”. Salvo poi scoprire che certe installazioni green vengono prodotte in Cina, dove il fabbisogno energetico del paese è coperto dal carbone ancora a più del 50%.
L’editoriale di Fabio Duranti a ‘Un Giorno Speciale’ | 19 giugno 2024
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