Julian Assange torna da uomo libero in Australia dopo oltre un decennio di battaglie con gli USA.
Tra accuse, arresti e carcere, il cofondatore e caporedattore di WikiLeaks ha patteggiato per aver pubblicato migliaia di documenti militari secretati. Per questo il giornalista australiano è stato per molto tempo considerato uno dei simboli della lotta per la libertà di stampa. Almeno fino a quando non ha ritoccato il suolo del suo Paese natale. Scatta il revisionismo e su Assange e sul suo operato accusatorio nei confronti degli Stati Uniti piovono critiche.
Dopo anni Assange ritorna in Australia, ma con molta difficoltà. Questo perché in Australia di tutele vere e proprie nei confronti dei cosiddetti “whistleblower” non ce ne sono, tranne per alcune sfumature di natura parlamentare: proprio in queste aveva sperato Assange candidandosi al Senato australiano nel 2013. Il giornalista non ebbe successo e l’immunità parlamentare non si verificò.
Giusto 11 anni dopo, sempre al Senato australiano, si discute di una legge a tutela dei whistleblowers.
Il senatore Malcolm Roberts ne fa un elogio in aula ricordando, però, anche un altro particolare momento in cui la libertà di stampa pare aver avuto alcuni nemici.
“È essenziale che gli informatori siano protetti dalle punizioni, in particolare da governi troppo zelanti che preferirebbero mantenere la popolazione nell’oscurità dell’ignoranza, che la gente sia disinformata e ignara del lato sporco della politica. Questo lato sporco abbonda in tutto il mondo. Tra gli altri cattivi ci sono i media portavoce, i media globalisti del Grande Fratello che stampano sempre i programmi dei loro padroni e i cui appelli alla libertà di stampa suonano vuoti quando rimangono in silenzio sulle questioni più importanti del giorno. Questi temi includono le menzogne sulla sicurezza e l’efficacia delle iniezioni di mRNA per il COVID, il mancato riconoscimento degli effetti avversi. Dov’era la mozione quando i medici venivano perseguitati?“.
Guarda l’intervento con i sottotitoli in italiano.
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