Come? Cercavi Donald Trump? Noi ti suggeriamo di cercare Donald Duck!
Doveva essere un banale errore dell’algoritmo prima che passasse sotto gli occhi di Elon Musk e diventasse un caso internazionale. Parliamo delle ricerche su Google e delle parole che suggerisce agli utenti il colosso big tech, il cui algoritmo ha raggiunto un livello così avanzato da suggerire cosa cercare in base a cosa piace all’utente (ma non solo).
E’ questa anche la scusa che una rappresentante di big G ha usato quando gli è stato chiesto conto degli errori che vengono fuori quando si cerca sul motore la parola “Donald Trump” e associati: una sequela di suggerimenti, tra cui Donald Duck, ma perfino Ronald Reagan spuntano nel menù a tendina. Tutto fuorché “Donald Trump”.
Ovviamente Google fa sapere di un errore dovuto alla sofisticatezza dell’algoritmo, ma qualche ora dopo tutto torna alla normalità: Trump torna tra i suggerimenti di ricerca ma qualcuno continua a far notare che i risultati principali che spuntano, rimandano tutti a Kamala Harris, cioè la candidata – probabile – che lo sfiderà.
“E pensare che l’Unione Europea ha deciso di affidare a Google l’incarico di smascherare le fake news”, commenta il prof. di comunicazione sociale Alberto Contri.
“Di fatto chi controlla gli algoritmi di ricerca ha il controllo della verità, visto che oggi se vuoi sapere qualcosa hai quella fonte lì”: anche i dati forniti da Google confermano quanto ricorda l’endocrinologo Giovanni Frajese.
Stando a un report fornito nel 2020, solo lo 0,44% degli utenti arriva fino alla pagina 2 di ricerca, e solo il 9% arriva in fondo alla prima dopo aver premuto invio.
Sostanzialmente, se sei sotto il primo risultato, non esisti. Desaparecido digitale.
Qui l’approfondimento a ‘Un Giorno Speciale’ | 31 luglio
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