Il gol di Nainggolan, proprio lui, ha decretato – oltre alla qualificazione Champions dell’Inter – la retrocessione dell’Empoli e l’esclusione dalla coppa più importante del Milan oltre che della Roma. Già, oltre alla squadra di Andreazzoli, che se l’è giocata con grande ardore e con poca fortuna, l’ultima domenica di campionato ha sancito soprattutto la grande delusione dei rossoneri di Gattuso – un allenatore che però ha fatto il possibile – e dei giallorossi.
E’ stata, anzi, per la Roma una serata doppiamente amara: per la mancata qualificazione alla Champions – che sicuramente provoca anche uno scossone a livello economico – e per l’addio obbligato a Daniele De Rossi che più inopportuno non poteva essere. Proprio nel momento di minima, dal punto di vista del risultato sportivo, non c’era assolutamente bisogno di aggiungere anche la massima impopolarità per la mancata conferma del capitano. De Rossi, come ha detto lui stesso, sarebbe stato ancora utilissimo per quindici-venti-venticinque partite in una stagione e avrebbe rappresentato un punto di riferimento essenziale nello spogliatoio e per il pubblico, che lo ha salutato con la solita, straordinaria, passione e partecipazione. Ha salutato nella stessa serata anche Ranieri e si volta dunque completamente pagina. Dimenticandosi comunque di quanto siano importanti le bandiere e quanto un club deve essere distante dalle fredde logiche aziendali. La Roma fuori dalla Champions e senza i suoi capitani – De Rossi due anni dopo Totti – è un bilancio davvero inaccettabile per i tifosi. Di quelli che rappresentano il vero patrimonio di una società.
Alessandro Vocalelli