Afghanistan, i talebani (oramai al potere da 3 anni) hanno approvato nuove restrizioni per implementare il già rigido codice comportamentale islamico. Fedele alla Sharia è stata promulgata una legge al fine di ‘promuovere virtù e prevenire vizi’ tra il popolo. Istituita già da principio, solo oggi c’è stata la prima dichiarazione formale. La nuova legge è suddivisa in 35 articoli, un documento composto da 114 pagine pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, rimarca alcuni divieti già noti nella cultura islamica aggiungendone di nuovi su aspetti quali musica, celebrazioni e trasporti pubblici.
Come solito nell’Emirato islamico, a pagarne il debito più alto sono le donne.
L’articolo 13 stabilisce che ‘le donne devono coprire interamente il corpo in presenza di uomini che non appartengono alla loro famiglia’, stesso discorso per il viso al fine di evitare ‘tentazioni’. Ciò comporta l’uso di una ‘maschera’ sulla bocca. Lo stesso vale se ‘le donne devono uscire di casa per necessità’. Bandito anche il suono della loro voce in pubblico, recitando poesia e/o canzoni, considerando la voce della donna intima e quindi non da sentire pubblicamente. Stesso discorso per lo sguardo: è vietato osservare uomini a cui le afghane non sono legate da vincoli di sangue o matrimonio.
Ancora, sul fronte mediatico è vietata la pubblicazione di immagini di esseri viventi (articolo 17), vietata la riproduzione di musica durante i trasporti (articolo 19) e obbligo per passeggeri e autisti a recitare le preghiere in orari prestabiliti.
Il testo è stato approvato dall’emiro invisibile Hibatullah Akhundzada, leader supremo dei talebani dal 25 maggio 2016 ed emiro dal 7 settembre 2021. Lo stesso leader che, mesi fa, in un messaggio vocale trasmesso dalla Tv di Stato ha definito come ‘rappresentanti del diavolo’ i difensori dei diritti umani occidentali: “Dite che è una violazione dei diritti delle donne quando le lapidiamo a morte, ma presto attueremo la punizione per l’adulterio. Frusteremo le donne in pubblico. Le lapideremo a morte in pubblico”.
L’orrore in Afghanistan è alimentato dalla continua e ininterrotta fede alla Sharia, anzi, alla sua totale interpretazione tradotta in termini contrari alla democrazia e ai diritti umani giustificando tali scelte e azioni affermando di seguire la cultura afghana e la religione di Stato.
“Un nuovo rapporto della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (United Nations Assistance Mission in Afghanistan – Unama), intitolato ‘La supervisione morale delle autorità de facto in Afghanistan: impatti sui diritti umani’, ha denunciato le gravi violazioni dei diritti umani da parte del ministero per la Propagazione della virtù e la prevenzione del Vizio (Ministry for the Propagation of Virtue and Prevention of Vice – Mpvpv) istituito dai talebani.
Zaman Sultani, ricercatore regionale per il Sud Asia di Amnesty International, ha dichiarato: Questo rapporto mette in luce il ruolo dell’Mpvpv nel violare vari diritti umani e libertà fondamentali in Afghanistan. Il sistema istituzionalizzato di discriminazione, che colpisce in modo sproporzionato donne e ragazze, ha un effetto devastante sui diritti umani nel paese. Amnesty International condivide l’appello dell’Onu alle autorità de facto afgane affinché assicurino i diritti alla libertà di espressione, di pensiero, di coscienza e di religione, il diritto alla salute e al lavoro, tra molti altri diritti fondamentali garantiti dai trattati internazionali sui diritti umani al cui rispetto l’Afghanistan è vincolato. L’impunità prevalente per le gravi violazioni dei diritti umani e i crimini di diritto internazionale dei talebani deve finire”
qui il testo integrale sulla piattaforma Amnesty International.