Quando pronunci i nomi di Milan e Liverpool nella stessa riga, senti il peso di tredici Coppe dei Campioni o Champions League che dir si voglia e allora capisci che non sarai mai in grado di stabilire accanto a quale delle due scenda in campo la storia, incerta pure lei su quale scegliere.
Meglio buttarsi sulla cronaca, comunque prestigiosa, di un primo scorcio europeo con formula nuova e calendario chilometrico, perché quest’anno i big match arrivano subito e, nella fattispecie, stasera c’era da capire se fosse più veritiero un successo rotondo contro il Venezia o un rovescio o aspettato contro il Nottingham Forrest, entrambi in casa.
Due compagini “laboratoriali”, ossia ancora alla ricerca di una completa e definitiva identità e forse anche per questo la partita, nella prima mezz’ora, sembra ciò che, alla lunga, non sarà, purtroppo per un Milan sempre più velleitario, votato al ricamo del palleggio ma agonisticamente scucito, tatticamente sfilacciato. La spinta di San Siro, veemente e fiduciosa sul nascere della partita, trascolora in un mormorio che sempre di più sibila di malumore, tamburi a parte.
Era stato un vantaggio “crudele”, quello firmato da Pulisic su invito di Morata, col senno di poi, perché man mano che il Liverpool cresce, il Milan evidenzia le carenze strutturali della sua manovra, come evidenziano le spietate ma indicative statistiche delle conclusioni verso la porta rossonera.
Un’altra cartina di tornasole, oltre al confronto tra gli interventi di Maignan fino alla sostituzione e quelli di Alisson sono le sostituzioni: quelle di Slot hanno la caratteristica di puntellare una squadra in controllo sempre più evidente; quelle di Fonseca assomigliano tanto a mosse della disperazione.
È una coppa nuova, lunga e un po’ strana, almeno per ora, nella formula, questa Champions, così come l’Europa League; tempo per racimolare punti ce n’è; servirà però un Milan in grado di essere squadra ad alti livelli, disposto a lavorare compatto per approdare a un’identità definita (e definibile). Paulo Fonseca ha la forza e l’autorità per farsi seguire su quel sentiero. L’aria malinconica è molto peggio di quella rabbiosa. Sono più…Allegri quelli che stanno alla finestra.
Paolo Marcacci