Gli eventi galoppano, come sentite anche dalla nostra diretta, quindi ciò che era uno “strillo”, e che strillo, d’agenzia stamattina, ora è già repertorio. Ecco perché, ora che Ivan Juric si sta già dirigendo verso Trigoria, forse è il caso di guardarsi indietro un attimo, soprattutto se lì dietro ci trovi Daniele De Rossi: scelto nel momento dell’emergenza, quando il cortocircuito tra Mourinho e una parte rappresentativa della squadra era diventato ingovernabile, in seguito “sposato” con un contratto “monstre” rispetto a quella che è ancora oggi la poca esperienza maturata, oggi ripudiato con la consueta decisione sbrigativa e poco rispettosa della forma (solo che con lui ci si fa un po’ più caso che col suo predecessore).
Se qualcuno ha sbagliato, alla fine della fiera, non è stato lui, che alla Roma non avrebbe mai detto no e che non avrebbe mai potuto rifiutare in assoluto. Così come non si è offerto da sé il rinnovo di un contratto che oggi appare spropositato.
Un uomo solo non più al comando, da un certo momento in poi, forse proprio dall’annuncio del rinnovo di Dybala; lasciato ancora più solo quando nessun dirigente lo ha affiancato in momenti delicati, come al termine del mercato o quando è esplosa la grana – Zalewski.
Per lui, negli ultimi tempi, più delle parole a parlare era la mimica facciale, l’espressione del volto. Ora che si aggiunge alla lunga lista di quelli che non sono più un problema per il club, potremmo accorgerci che era lui quello che sbagliava di più.
Paolo Marcacci