Lo show di Lilli Gruber si riconferma come trionfo della globalizzazione neoliberale

Il noto programma di Lilli Gruber, detto Otto e Mezzo, svolge una parte imprescindibile nella diffusione dei moduli del pensiero unico politicamente corretto. Pensiero unico politicamente corretto che è poi il completamento naturale dei rapporti di forza della globalizzazione turbocapitalistica, quella che anche abbiamo appellato glebalizzazione, a sottolinearne l’asimmetria sempre crescente come indice fondamentale. Si potrebbe certo ragionevolmente dire lo stesso di tutti gli altri programmi che compaiono sugli schermi catodici, ma il discorso credo che valga, in maniera particolarmente apprezzabile, in relazione allo show di Lilli Gruber.

Non vi è schema di pensiero della globalizzazione neoliberale che non venga difeso e diffuso a spada tratta dal programma della giornalista altoatesina. In questi giorni, ad esempio, l’immarcescibile Lilli Gruber, sacerdotessa del pensiero unico, ha candidamente affermato di sentirsi male allorché sente le parole patria e nazione. E quanto avrebbero potuto tranquillamente dire anche Soros, Bill Gates e gli altri esponenti della power elite cosmopolitica, o se preferite, del patriziato No Border.

Sotto questo riguardo, l’ideologia della globalizzazione turbo-capitalistica si condensa a tutti gli effetti nell’espressione No Border. Espressione che perfettamente esprime la vocazione del turbocapitale a farsi cosmopolitico e a superare ogni confine, unificando il pianeta sotto il segno dell’alienazione e della reificazione capitalistiche. Nazioni e patria sono oggi del tutto inaccettabili per il discorso capitalistico, soprattutto per due ragioni che ora evochiamo telegraficamente.

In primis perché nazione e patria fanno valere una resistenza culturale alla omologazione capitalistica, in sera chiudendo identità e culture differenti e potenzialmente resistenti al nulla della forma merce. In secondo luogo, nazione e patria sono inaccettabili per la raison capitalistica, dacché rappresentano il possibile e auspicabile controllo politico dell’economia. Vuoi anche la possibilità di disciplinare democraticamente la bestia selvatica del mercato, come la qualificava Hegel.

Patria e nazione sono storicamente i luoghi della resistenza all’imperialismo capitalistico. Patria o muerte era la formula radicale impiegata da Che Guevara per difendere le ragioni della lotta nazionale di liberazione dall’imperialismo cosmopolitico del capitale. Naturalmente il discorso dominante, per screditare aprioricamente la nazione e la patria, le abbina in maniera automatica e pavloviana al nazionalismo, ossia alla patologia della patria e della nazione.

Ma noi sappiamo bene che bisogna curare la patologia difendendo il corpo sano. E sappiamo altresì che è un puro non sequitur pretendere di combattere la patologia abbattendo il corpo sano, come invece propongono gli araldi del pensiero unico politicamente corretto. Sarebbe un po’ come combattere il polmone per prevenire la polmonite.

Ed è esattamente quello che fanno i sacerdoti del pensiero unico allorché dicono che la nazione e la patria debbono essere sradicate. Lilli Gruber dovrebbe sapere, ad esempio, che è proprio grazie allo Stato sovrano nazionale che in Italia abbiamo avuti diritti sociali e le conquiste salariali. Lo Stato nazionale può, e a nostro giudizio deve essere, lo spazio della democrazia e dei diritti.

Un mondo senza patrie e senza stati nazionali risulta soltanto lo spazio di dominio del capitalismo cosmopolitico e della omologazione planetaria sotto il segno del nulla della forma merce o più precisamente il mondo degli stati nazionali può e a nostro giudizio deve essere democratico e basato su diritti del lavoro, il mondo senza più le nazioni e senza più le patrie strutturalmente non potrà mai esserlo.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro