Elon Musk, come sempre accade, celebra il progresso capitalistico senza vederne i pericoli

Leggo sui principali e più venduti quotidiani nazionali e internazionali che Elon Musk ha recentemente presentato al mondo intero Optimus, il robot maggiordomo di ultima generazione. Non potrete farne a meno a dichiarato con giubilo e con stile pubblicitario il magnate multimilionario appartenente al patriziato cosmopolitico, l’uomo che, come sappiamo, vuole conquistare Marte non si sa bene se per spirito di imperialismo statunitense o se per favorire la secessione definitiva della propria classe di appartenenza. Come sempre accade, Elon Musk celebra il progresso capitalistico in maniera ingenua ed entusiastica, senza mai intravederne nemmeno per errore i rischi, i limiti e i pericoli.

La verità, non detta forse perché non dicibile, è che il progresso tecnico ci sta portando sempre più in una situazione degna della pellicola Matrix del 1999.
Una situazione in cui l’essere umano diventa antiquato, per dirla con Gunther Anders, rispetto ai suoi manufatti tecnici, fino a essere direttamente sostituito e soggiogato dalle macchine. In effetti, da qualunque prospettiva noi guardiamo alla realtà, si sta sempre più profilando una società in cui i veri signori sono le macchine e gli umani diventano semplici appendici delle macchine stesse.

L’intelligenza artificiale, tanto celebrata da Elon Musk, può effettivamente leggersi anche in questa cornice di senso. Si fa un gran parlare oggi di sostituzione etnica, ma forse sarebbe duopo principiare a parlare di sostituzione tecnica. Il Fondo Monetario Internazionale, ad esempio, ha già assicurato che nei prossimi lustri l’intelligenza artificiale farà andare letteralmente in fumo migliaia di posti di lavoro, in futuro svolti direttamente dalle macchine.

Di tutto questo, il tecnofilo ingenuo Elon Musk, con la sua commovente forma di entusiasmo per la tecnica, non sembra avere contezza. Egli seguita a celebrare ottimisticamente e indefessamente la tecnica come se fosse la redenzione immanente finale, come se fosse la panacea di ogni male. Non sfuga il senso profondo delle parole che il magnate statunitense ha pronunciato con la sua usuale superficialità.

Non potrete più farne a meno. Vuol dire che letteralmente si creerà una dipendenza tale per cui gli esseri umani non potranno più vivere se non nella dipendenza totale dalle macchine e, aggiungiamo noi, nella subordinazione totale rispetto alle macchine stesse. Mi viene allora alla memoria uno splendido film del 1963, intitolato The Servant, ossia letteralmente Il Servo.

Il regista si chiama Joseph Losey. È la storia di un maggiordomo che prende servizio nella casa di un ricco signore. Un po’ alla volta, tuttavia, il rapporto si rovescia dialetticamente, e il vero signore diventa il servo, da cui il signore stesso dipende interamente e di cui, appunto, non può fare a meno per vivere.

L’ultima scena della pellicola inquadra il servo in cima alla scala di casa che guarda dall’alto al basso il signore che invece è accasciato al fondo della scala. Il film si chiude con l’immagine dell’orologio a segnalare come sia tutta una questione di tempo. È naturalmente una rivisitazione filmica della dialettica servo e signore al centro della fenomenologia dello spirito di Hegel del 1807, riletta da Joseph Lucey in chiave marxista.

Probabilmente la dialettica di Hegel può aiutarci a capire anche il nostro rapporto di dipendenza sempre più marcata dalle macchine, che evidentemente da serve stanno diventando signore delle nostre vite e dunque acquista un timbro particolarmente fosco e lugubre l’asserto di Elon Musk. Non potrete più farne a meno. Questo è il futuro che si sta delineando dinanzi a noi.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro