Conta poco la classifica della Bundesliga, rispetto alle motivazioni che arrivano dal (nuovo) motivetto della Champions.
Lo Stoccarda di Sebastian Hoeness nella prima frazione di gioco non si limita a (ben) contenere e ad addensare la linea mediana per perseguire la superiorità: Undav e compagni sono scesi sul terreno dell’Allianz con tutte le intenzioni di andare a pizzicare il più possibile dalle parti di Perin.
La Juventus, come del resto si era notato anche contro la Lazio, si mostra per troppe fasi di partita farraginosa nella costruzione del gioco; allo scoccare dell’ora di partita comincia una fase, di parecchi minuti, nel corso della quale lo Stoccarda è così presente, con continuità, dalle parti di Perin, che paradossalmente la Juventus può vedere accresciuta la propria pericolosità giocando di rimessa, visto che i tedeschi sono per la maggior parte nella metà campo bianconera.
La cosa migliore che abbia fatto Vlahovic lì davanti è stata la rima con Adzić al momento dell’ avvicendamento, ma se dessimo le colpe tutte al centravanti serbo sbaglieremmo, per il semplice motivo che se la produzione di gioco è così prevedibile, prima o poi un certo tipo di attaccante finisce nella terra di nessuno. Allo Stoccarda riesce anche, da un certo momento in poi, di dettare i tempi della partita: lo si nota dal giro palla con il quale Stiller e Karazor riescono spesso a fa correre in modo frustrante Fagioli, Locatelli da quando quest’ultimo rileva McKennie, Thuram.
Ciliegina sulla torta insapore della bianconera impotenza, il penalty decretato a favore dei biancorossi per l’intervento di Danilo, poi espulso, su Rouault.
Al momento della battuta di Millot, che piazza angolato e teso, Perin è l’oste senza il quale i tedeschi avevano già fatto i conti: tuffo da ghepardo e rigore più parato che sbagliato.
Basta così? No, perché dopo averlo a più riprese meritato, lo Stoccarda il gol lo segna, bello e pesante, con Touré. Difesa juventina ancora una volta rivedibile.
Episodi a parte, dopo sette minuti di recupero va in archivio una partita che evidenzia tutti i bandoli ancora da sbrogliare nella matassa del gioco juventino. Una domanda: siamo sicuri che siano così tanti i giocatori di Madama adatti al gioco di Motta?
Paolo Marcacci