Ricordate che vi hanno martellato per anni sull’austerity? Arriva una strana e puntuale revoca

Ancora pochi anni fa, nel 2018, leggevamo sul Corriere della Sera di editoriali nei quali si sosteneva la necessità di ridurre il debito pubblico italiano attraverso avanzi di bilancio e tagli alla spesa pubblica, ritenuti necessari per evitare il rallentamento economico.
Questa visione, basata sulla cosiddetta “austerità espansiva”, proponeva l’attuazione di severe misure di bilancio, come unico modo, si riteneva dalle pagine del Corriere della Sera, per abbassare il rapporto famigerato debito-PIL senza compromettere la crescita. Oggi, a distanza di sei anni, sul Corriere della Sera leggiamo cose diverse.

Contrariamente alla retorica del passato, ora si sostiene finalmente l’importanza di tanta spesa pubblica per investire in settori strategici, sui quali potremmo discutere, come per esempio l’intelligenza artificiale, le energie rinnovabili, l’automotive, essenziali per la competitività globale, copiando naturalmente le direttive europee, ci mancherebbe altro: mica facciamo quello che interessa a noi!

A causa delle limitazioni di investimento pubblico e del focus su un modello export-oriented, l’Europa e l’Italia sono rimaste indietro rispetto agli Stati Uniti, che invece hanno investito nel digitale e nella transizione energetica, stimolati soprattutto da un mercato dei capitali più flessibile.

Ebbene, è abbastanza ironica la questione, perché il Corriere della Sera, dopo aver sostenuto per anni le tesi dell’austerità e del taglio della spesa pubblica, oggi si scopre un fautore dell’espansionismo della spesa pubblica per far crescere l’economia. E quindi sembra quasi che siano diventati tutti keynesiani. Viene quasi da chiedersi perché questo cambio di rotta avvenga soltanto ora, quando ormai il prezzo delle politiche restrittive, che molti giornali hanno sostenuto per tanti anni, rischia definitivamente di pesare sulle future generazioni.

Un imprenditore recentemente, che sto seguendo in consulenza proprietario di due supermercati, mi ha fatto notare una cosa: che oggi la generazione dei trentenni è povera. E quindi, chi deve mettere dei prodotti sugli scaffali deve considerare che fra dieci anni la generazione dei quarantenni sarà povera. E quindi che tipo di famiglie ci saranno? Potranno pagare dei mutui delle case? E soprattutto: che tipo di pasta e di generi metteremo sul bancone dei supermercati? Ecco, queste sono domande che dovrebbero porsi i politici per decidere finalmente di abbandonare questa sciagurata Unione Europea. Ma questa è ovviamente la mia opinione.

Malvezzi Quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi