La libertà di commerciare beni e servizi, investire oltre confine e condividere conoscenza è essenziale per la prosperità e per la pace: questo secondo Fabio Panetta, Governatore della Banca d’Italia. Lo dice durante il recente seminario dei G7 sulla frammentazione del commercio globale. Il Governatore della Banca d’Italia evidenzia che i costi della frammentazione vanno oltre l’economia, influenzando negativamente sul processo sociale, la cooperazione internazionale, le libertà. Insomma, richiamando l’attenzione sul rischio di “barriere protezionistiche“, a suo parere, Panetta utilizza una metafora. Dice che un coltello da cucina non è lo strumento giusto per un’operazione chirurgica complessa, indicando che a suo parere tali barriere non risolvono i problemi delle economie avanzate. Inoltre, mette in guardia contro una divisione dell’economia in blocchi rivali, sottolineando che ciò comporterebbe più danni che benefici.
Le conseguenze economiche della frammentazione globale potrebbero essere pesanti: Panetta cita delle stime secondo cui il costo di uno scenario frammentato potrebbe equivalere al 6% del PIL globale, un impatto simile a quello causato dalla pandemia di Covid-19 nel 2020. Questo dato, sottolineato dalla Banca d’Italia, evidenzia l’urgenza di evitare una frammentazione che, a parere della Banca d’Italia, minaccerebbe la stabilità e la crescita economica mondiale, favorendo invece la cooperazione e l’apertura commerciale come antidoti alle sfide attuali. Insomma, la Banca d’Italia sottolinea i rischi di una frammentazione globale, ma ignora che il protezionismo è storicamente la norma e non l’eccezione.
Lo sviluppo spesso richiede delle barriere ragionate e non delle aperture indiscriminate.
Ma soprattutto quello che mi fa riflettere è: noi continuiamo a prendere atto del fatto che sono 30 anni che sbagliamo tutto, ma continuiamo a proporre sempre le stesse ricette. Ma porca miseria, sono 30 anni che sentiamo parlare di globalizzazione, di più ormai.
E qual è il risultato? Beh, è sotto gli occhi di tutti, mi pare.
Mi pare che la deindustrializzazione del nostro paese sia evidente. Mi sembra che la perdita di potere d’acquisto degli italiani sia altrettanto evidente. La distruzione dei servizi pubblici mi sembra evidente. Il potere d’acquisto delle famiglie mi sembra evidente come calo. E allora quando io parlo con gli imprenditori, facendo consulenza strategica, io parlo in termini molto concreti di come fare dei ragionamenti pratici, concreti, non parlare di “globalizzazione” o dei grandi temi che sono temi politici che passano sopra la testa degli imprenditori – che non se ne fregano assolutamente di nulla di queste cose, perché quello che è importante è ragionare in modo molto concreto dello sviluppo della propria impresa. E non ragionare di modelli macroeconomici teorici che lasciamo nelle sale delle parrucche e dei velluti rossi.
Malvezzi Quotidiani, comprendere l’economia umanistica con Valerio Malvezzi