Vanity Fair prende di mira ‘Una poltrona per due’: è la cancel-culture che si esprime perfettamente

Su Vanity Fair è uscito nei giorni scorsi un incredibile articolo, un articolo nel quale si prende di mira la nota pellicola natalizia Una poltrona per due.

Così leggiamo nel titolo dell’articolo di Vanity Fair. Ma è il caso di proiettare una commedia così controversa? Incuriositi ci domandiamo che cosa vi possa mai essere di controverso in una pellicola che di fatto, e con ottime ragioni, è ormai un classico di Natale, fruibile e piacevolmente da tutte le generazioni. Ebbene, è l’articolo stesso di Vanity Fair a spiegarci che cosa è accaduto.

Insomma, possiamo ben dire a questo punto che nessuno è più al sicuro rispetto alle mire nichilistiche della cosiddetta cancel culture. Traduzione consigliata non già cultura della cancellazione ma cancellazione della cultura. Nel ripugnante fenomeno della cancel culture si esprime perfettamente il nichilismo dell’epoca contemporanea, l’epoca del dominio assoluto e incontrastato della forma-merce.

La forma-merce si fonda sul nulla, da che non ha cultura e non ha identità, ma solo illimitata circolazione e infinita autovalorizzazione del valore. Per questo motivo, unendo le grammatiche di Nietzsche con quelle di Marx, possiamo ragionevolmente asserire che Dio muore al mercato, ossia nel trionfo totale e totalitario della forma merce, quale oggi si sta registrando nella cosiddetta civiltà tecnocapitalistica. Di ciò la cancel culture è espressione.

Nel suo movimento generale, la cancel culture aspira a cancellare il passato e a riscrivere la storia orwellianamente sul fondamento dei gusti e delle sensibilità del presente, con un vero e proprio imperialismo del presente rispetto al passato. Con la sintassi del filosofo Roger Scruton si potrebbe con diritto parlare di oicofobia, ossia di odio dell’Occidente per la propria provenienza e per le proprie radici. In maniera non differente, già da tempo parliamo espressamente di Uccidente, conciò alludendo alla pulsione distruttiva e autodistruttiva di una civiltà, la nostra, che sta tramontando in forme palesemente non serie, come tra l’altro dimostra anche questa pur secondaria vicenda dell’attacco alla pellicola, una poltrona per due.

Ciò che ci permette di dire una volta di più, come più volte abbiamo sottolineato, che Orwell sempre più appare come un dilettante rispetto a un tempo, il nostro, che è palesemente orwelliano e che è decisamente andato al di là degli scenari distopici immaginati dallo stesso Orwell, che ovviamente non sarebbe mai giunto a immaginare un contesto in cui perfino una pellicola come una poltrona per due viene messa all’angolo e giudicata controversa e indegna di essere proiettata. Davvero, non vi è nulla da aggiungere. E come dicevano un tempo a Roma, intelligenti pauca.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro