Due chiacchiere con Michele Baldi, ex Consigliere regionale del Lazio ed ex componente del consiglio d’amministrazione della Roma fino al passaggio dalla famiglia Sensi alla gestione di UniCredit.
Che effetto ti hanno fatto le parole di Totti?
Ho visto un uomo che ha speso una vita e profuso un amore infinito per questi colori. Alla fine ha preso atto di un tradimento subito, e dell’esser divenuto insopportabile. I segnali c’erano stati sin dal primo giorno: devo ricordarvi la partita con lo Slovan?
Ti meraviglia il suo ‘vissuto’ con questa gestione societaria?
No, e non mi stupisce l’epilogo. In linea con tanti comportamenti in questi anni. Nessuno sottovaluti la sensibilità e l’intelligenza di Francesco: certe cose lui le ha viste e vissute sin dall’inizio, ma fino alla fine ha ingoiato tutto per amore; troppo amore.
A questo punto è il caso di ripercorrere quella che è stata la tua esperienza, al momento in cui eri consigliere della Roma e avvenne il cambio di proprietà…
Premetto che paragonare la famiglia Sensi a ‘questi’ è per me una bestemmia, perché i Sensi si sono accollati debiti contratti per acquistare grandissimi giocatori, ricorderete i nomi, e non gravando praticamente in nulla sul bilancio societario (nemmeno dieci milioni di Euro). Il mio ultimo atto da consigliere d’amministrazione dopo dieci anni di passione e cuore, con battaglie importanti vinte personalmente, come quelle contro SKY e Mediaset per i diritti televisivi, fu quello di non votare Roberto Cappelli come presidente della Roma prima di Di Benedetto. Proprio per questo non fu eletto all’unanimità e ancora ricordo consiglieri furibondi nei miei confronti. Ma ci avevo visto lungo… Cappelli era talmente ‘innamorato’ della Roma che poi è andato al Milan; mentre il laziale Fenucci è andato al Bologna assieme a Tacopina, a sua volta poi passato al Venezia. Per non parlare dei lazialissimi Camiglieri e Spicciariello, quest’ultimo in giacca accanto a Pallotta prima della famigerata finale del 26 maggio e poi, a fine partita, in camicia con sciarpa biancazzurra ostentata davanti al trofeo. Alla fine andai a Trigoria ad abbracciare tutti, a cominciare da Bruno Conti. Tra l’altro, siccome non ho mai rinnegato il mio vissuto dirigenziale coi Sensi, qualcuno chiese all’allora presidente Petrucci del CONI di non accreditarmi in Tribuna Autorità. A dire il vero furono fatte cose molto più gravi, che chiamano in causa anche Baldini e Sabatini, ma che non ho mai tirato fuori per amore della Roma, un amore in nome del quale ho preferito tante volte il silenzio, invece di far scoppiare tante ‘bombe’ mediatiche che avrebbero danneggiato questi colori. Come ha fatto Totti, del resto.
Quale ritieni sia stata la più grande pecca, fino a ora, della gestione di Pallotta?
Aver ‘venduto’ l’anima della Roma.
Un consiglio e un consiglio a Francesco Totti, per la sua nuova vita al di fuori della Roma, da oggi in poi.
Continuare a essere quello che è. La vita è una ruota e il tempo è galantuomo.
Paolo Marcacci
Leggi anche:
- Sansone ha ucciso i filistei
- Sopportato, mai supportato
- Risparmiategli la Supercazzola
- Uno, nessuno e centomila Totti
- La lettera di Pallotta, cento anni fa