Buffon alla Juventus. Roba grossa. Se non fosse malinconica. L’estate è la stagione dell’amore ma a quarantuno anni suonati mi sarei aspettato un altro annuncio, tipo “Grazie a tutti io mi fermo”.
E invece il ragazzone del boia chi molla appunto non molla e continua, tornando a Torino dopo aver conosciuto l’ebbrezza delle notti parigine, le sue ‘folies’ sono state ben pagate, anzi, per la cronaca, sarebbero state ancora ripagate con milioni di euro otto ma il Buffon che conosciamo ha detto no, io non posso incassare senza giocare, non ho il bidone dell’immondizia al posto del cuore, io voglio ancora stare tra i pali e allora “merci Paris” torno a Torino dove farò la riserva non per compassione ma per dare una mano allo spogliatoio e a Sarri che è pieno di voglie ma non conosce la fabbrica bianconera, i capiofficina, la mentalità sabauda, tutta quella roba lì che ha segnato e distinto la storia del club più titolato d’Italia in quanto a scudetti.
Buffon, dunque, si rimette a disposizione ma c’è altro da scavare: ad esempio gli mancano otto partite per battere Paolo Maldini e andare in testa come recordman assoluto di presenze nel campionato italiano, 648, una vita grande e grandiosa dedicate al football. Così stanno le cose mentre molti tifosi bianconeri si chiedono se sia davvero il caso di dare un paio di milioni a questo ragazzo bandiera invece di puntare su uno sbarbato che potrebbe rappresentare il futuro.
Orbene, Buffon è Buffon, non si discute ma, ribadisco, al posto suo avrei fatto i bagagli, salutato la comitiva per dedicarmi ad altro.
Dirigente? Calma, ci vuole poco per stare dietro una scrivania, ci vuole pochissimo per non fare nulla e stare in tribuna accanto a chi decide. E’ questo il destino di molti. Non può essere il destino di Buffon.
Tony Damascelli